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Pensioni, è rivoluzione nel 2025: importi e rivalutazioni, ecco cosa cambia

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Ignazio Stagno
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«Abbiamo preso un impegno sulle pensioni minime e lo porteremo avanti». Giorgia Meloni lo aveva detto chiaramente già ai primi di settembre a 4 di Sera: le prestazioni previdenziali minime saranno al centro della legge di Bilancio. E a quanto pare, secondo alcune indiscrezioni sulla manovra, così sarà. Dopo la rivalutazione al 120% che ha permesso una crescita significativa degli importi già nel 2024, il governo lavora a un intervento sulle pensioni minime per tentare di portarle oltre i 621 euro.

La crescita delle minime. Nell’ultimo biennio il trattamento base dell’Inps è arrivato a 614,77 euro. Ma da gennaio l’importo potrebbe cambiare grazie alla rivalutazione all’1% (prevista dal sistema di perequazione che tiene conto del costo della vita) e da un minibonus aggiuntivo che potrebbe portale oltre i 620 euro. Ricordiamo che fino alla fine del 2022 l’importo era intorno ai 598,61 euro. De facto in 24 mesi si è registrato un aumento consistente che ha portato quasi 200 euro in più all’anno nelle tasche dei pensionati. Un altro scenario che si fa strada nelle pieghe della manovra parla anche di aumenti che potrebbero toccare i 625,83 euro e i 630 euro. Un messaggio chiaro: l’esecutivo non ha alcuna intenzione, a differenza di quanto dichiarato da diversi esponenti della sinistra, di lasciare da parte ritocchi col segno più per i pensionati più poveri.

 

Nei giorni scorsi Forza Italia ha anche parlato di un piano da presentare al titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, che prevede un incremento del trattamento minimo fino a 650 euro. Gli aumenti. Insomma, dall’1 gennaio 2025 sul fronte delle pensioni minime potrebbe esserci un aumento tra gli 11 e i 15 euro su base mensile con gli assegni che potrebbero toccare anche i 625 o i 630 euro: un incremento su base annua, spalmato su 13 mensilità, di circa 195 euro. Ma attenzione anche al nodo inflazione. Quest’anno il tasso è sceso e di parecchio rispetto al 2023. Sugli assegni ci sarà un adeguamento al tasso previsto per l’anno in corso che si aggirerebbe (il dato è sempre parziale e mai definitivo) intorno all’1,6%, dall’altro va aggiunta a questa asticella anche il recupero eventuale dell’inflazione del 2023 che si attesterebbe al 5,7%, uno 0,3 in più rispetto al 5,4 bollinato in via preliminare dal Tesoro alla fine dello scorso anno.

 

I due binari degli aumenti. E così gli incrementi sulle pensioni correranno su due binari: il minibonus ipotizzato per le minime a cui va aggiunta la rivalutazione parziale per il 2024 e quella finale per il 2023. Un meccanismo, questo, già adottato ad esempio a gennaio dell’anno in corso con un recupero dello 0,8% sugli assegni per colmare la differenza tra il 7,3 per cento e l'8,1 del 2022 sul 2023. Ma le sorprese per i pensionati non finiscono qui. Infatti il parametro da tenere d’occhio è quello che riguarda il sistema di rivalutazione.

Il sistema di rivalutazione. Al momento le pensioni vengono rivalutate proprio tenendo conto del valore dell’importo minimo e con un sistema a scaglioni che ha un effetto premiante per gli assegni più bassi a cui spetta una piena rivalutazione, ma che decresce con l’aumentare del peso della pensione. Fino al 31 dicembre 2024 le pensioni verranno adeguate al costo della vita con questo schema: fino a 4 volte il minimo, indicizzazione 100%, fra 4 e 5 volte il minimo indicizzazione 85%, tra 5 e 6 volte il minimo indicizzazione al 53%, tra 6 e 8 volte il minimo indicizzazione al 47%, fino a 10 volte il minimo, indicizzazione al 37%; oltre 10 volte il minimo indicizzazione al 22%. Su questo fronte le ipotesi che circolano in queste ore sono due: la prima è la riconferma di questo piano scaglionato e tarato su ogni singola fascia di importo, l’altra è quella che spianerebbe la strada a un ritorno a quanto previsto dalla legge n. 448 del 1998 che prevede solo tre fasce (più ampie) per la perequazione. Ecco come funziona: per la parte dell’assegno che non supera le 4 volte il trattamento minimo verrebbe applicato il 100% del tasso di inflazione accertato, una rivalutazione totalmente piena, per quella compresa ta tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo verrebbe applicato il 90% del tasso e infine per la parte che supera di 5 volte la minima, invece, si applicherebbe il 75%.

I calcoli per i cedolini. Intanto è possibile, in base al tasso di inflazione del 2024, fare già un proiezione sugli incrementi da gennaio: si va dai 16 euro per una pensione da 1.000 euro ai 24 per una da 1.500 euro. Per ratei da 1.800 euro l’incremento potrebbe aggirarsi intorno ai 28,80 euro per toccare i 32,00 per i trattamenti previdenziali che arrivano a quota 2.000 euro. Chi invece percepisce una pensione da 2.500 euro potrebbe aspettarsi un aumento di 39,83 euro che arriva fino a 47 per chi ne incassa 3.000. Il picco si tocca con i 59 euro per le pensioni da 4.000 euro e i 71 per quelle da 5.000 euro. A Capodanno converrà dunque tenere d'occhio il cedolino...

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