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Disoccupati e precari in calo, il mercato del lavoro non è mai stato così solido

In Italia il tasso di inoccupati è ai minimi dal 1983 e inferiore alla media Ue. Facciamo meglio persino di Francia e Spagna. Morti in azienda in calo costante da anni
di Michele Zaccardi sabato 7 giugno 2025

4' di lettura

Obiettivo: sconfiggere il precariato. Peccato che, al contrario di quanto sostiene Maurizio Landini, il mercato del lavoro italiano non sia mai stato così solido. I contratti a termine sono ai minimi da anni, l’occupazione inanella un record dietro l’altro e pure le morti sul lavoro sono a livelli nettamente inferiori rispetto ai grandi Paesi europei. Insomma, quella portata avanti dalla Cgil e dal suo segretario con il referendum di domani e lunedì è una battaglia contro un’Italia che non esiste.

Partiamo dagli ultimi dati usciti, quelli di aprile relativi a occupati e disoccupati. Ebbene, secondo l’Istat, il tasso di occupazione è ai massimi dall’inizio delle serie storiche (2004): 62,7%, stabile rispetto a marzo, pari, in valore assoluto, a 24,2 milioni di persone. In un anno, dunque su aprile 2024, sono stati creati 282mila nuovi posti di lavoro, cifra che sfonda il milione se si prende come riferimento ottobre 2022, quando il governo Meloni è entrato in carica.

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Ma c’è di più. Perché a trainare la crescita degli occupati nell’ultimo anno sono stati i contratti a tempo indeterminato, cresciuti 345mila unità, portando il totale di chi ha un contratto stabile a quota 16 milioni e 366mila. Al contrario, sono calati i contratti a termine, con i precari che sono diminuiti di 173mila unità, per un totale di 2 milioni e 652mila. In rapporto al numero di lavoratori dipendenti, i contratti a tempo determinato sono pari al 13,9%: solo a febbraio 2016 la percentuale era più bassa (13,7%). La proposta della Cgil di intervenire su questi aspetti, reintroducendo una causale per giustificare il rinnovo di ogni contratto a termine (attraverso il quesito 3 del referendum) e il diritto alla reintegra in caso di licenziamento illegittimo (il vecchio articolo 18, quesito 1), appare utile solo a ingessare il mercato del lavoro. Inoltre, i posti di lavoro, secondo le proiezioni dell’Istat diffuse ieri, dovrebbe crescere pure nel 2026. Seppure in decelerazione, «l’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro» si legge ne “Le prospettive per l’economia italiana per il 2025 e 2026” «segnerebbe un aumento superiore a quello del Pil (+1,1% nel 2025 e +1,2% nel 2026)». E i disoccupati? Beh anche loro sono ai minimi da decenni.

Confrontando i dati su base mensile, lo sono almeno dal 1983 (con l’unica eccezione di aprile 2007, quando erano al 5,8%): ad aprile infatti il tasso di disoccupazione si è attestato al 5,9%. Se si prendono come riferimento le stime diffuse ieri dall’Istat, invece, siamo al livello più basso addirittura dal 1977, quando sono iniziate le rilevazioni dell’istituto di statistica. Il tasso di disoccupazione dovrebbe infatti attestarsi al 6% nel 2025 e al 5,8% nel 2026, meno del 6,4% del ’77. Ma su questo parametro l’Italia risulta più in salute anche rispetto al resto d’Europa. Ad aprile, riporta l’Eurostat, tra i grandi Paesi Ue solo la Germania ha registrato un tasso di disoccupazione più basso del nostro (3,6%). Questo mentre l’Italia (5,9%) ha fatto meglio dell’Eurozona (6,2%), della Spagna (10,9%) e persino della Francia (7,1%). Quanto al terribile fenomeno degli incidenti sul lavoro, che la Cgil vorrebbe risolvere addossandone la responsabilità anche all’impresa appaltante e non solo all’azienda appaltatrice (quesito 4), i dati forniscono un quadro nettamente migliore di quello dipinto dal sindacato. Innanzitutto, come riporta Lorenzo Ruffino di Pagella politica, il numero di incidenti mortali è in costante calo dagli anni ’60 e si attesta oggi ai minimi storici. Da un picco di circa 23 morti ogni 100mila occupati, toccato a metà anni ’60, nel 2024 sono state poco più di quattro. E il trend è chiaro: le morti sono diminuite del 20% in 20 anni, del 27% in 30 anni e del 42% in 40 anni.

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E questo senza contare gli altri Paesi Ue. Secondo l’Inail, che riporta i dati Eurostat (che, per rendere omogeneo il confronto, esclude il settore del trasporto e magazzinaggio e gli incidenti stradali), nel 2022 gli infortuni mortali sono stati 0,87 per 100mila occupati, ben al di sotto della Francia, che ha registrato 3,35 decessi, della Spagna (1,53) e dell’Unione europea (1,26), ma superiore alla Germania (0,61). E il fatto è che, contrariamente alla vulgata, l’Italia è sempre stata uno dei Paesi più attenti alla sicurezza sul lavoro. «Storicamente» si legge nel bilancio stilato dall’Inail per il 2024, «questo indicatore ha mostrato per il nostro Paese un valore sempre inferiore alla media Ue e a quello di molti altri Stati». Non solo. Anche per gli incidenti non mortali, negli ultimi anni l’Italia «ha registrato valori sempre al di sotto della media europea»: nel 2022, 968 casi contro 1.342 casi per 100mila occupati nell’Ue, notevolmente inferiori a quelli di Francia (2.454), Spagna (2.371) e Germania (1.535).

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