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I piccoli investitori scommettono su Trump

Un altro record per la Borsa americana: Wall Street vola in barba ai gufi
di Sandro Iacometti domenica 29 giugno 2025

3' di lettura

E meno male che i mercati dovevano essere come l’acqua santa per quel diavolaccio di Donald Trump. In realtà, non senza qualche scossone, per carità, i listini e il tycoon sembrano andare d’amore e d’accordo come due piccioncini. L’S&P 500, l’indice delle società più capitalizzate, venerdì ha chiuso l’ultima del semestre superando per la prima volta i 6.180 punti.

La leggera frenata nel finale di seduta non ha cambiato la sostanza del bilancio dall’inizio dell’anno, che alla faccia di gufi e catastrofisti che per settimane hanno lanciato allarmi sui disastri della Borsa americana, ha registrato un guadagno vicino al 5%. Ancora meglio ha fatto il Nasdaq, l’indice tecnologico, che ha inanellato anch’esso nuovi record con un +7,5% da gennaio.

Ma le grandi bufale della propaganda anti-trumpiana demolite dai fatti non sono finite. Ricordate la balla della tecnodestra, della terribile alleanza tra gli oligarchi della finanza Usa e il neo presidente, e quella successiva della fine della luna di miele con gli investitori che avrebbero riportato Trump a più miti consigli assestandogli sonori schiaffoni in Borsa? Ecco, lo scenario emerso nelle ultime settimane appare assai più complesso e articolato di quello che gli espertoni ossessionati dal tycoon ci avevano raccontato. Le magnifiche 7, le big tech capitanate da Apple e Google, sono infatti distanti dai massimi storici. E anche un pezzo da 90 come Warren Buffet, con il suo mega fondo Berkshire Hathaway, è sotto i picchi di un buon 10%. Così come lo sono molti investitori istituzionali, le cui performance sono meno brillanti di quelle degli indici di Wall Street.

A fare da traino, come spiega il Sole 24 Ore, sono stati i piccoli, il mondo del retail, i trader individuali che, attraverso l’utilizzo di strumenti di investimento con scadenza giornaliera, hanno esercitato nelle ultime settimane una pressione costante sull’S&P 500, provocando la corsa registrata in questi giorni. Insomma, a fare la differenza non sono stati i grandi gestori, capaci di spostare masse enormi e di condizionare l’andamento degli indici, ma una marea di formichine che giorno dopo giorno ha spinto la Borsa verso il rialzo, fregandosene delle profezie catastrofiste e scommettendo sul successo delle politiche trumpiane.

Iran, Nato, Cina, Ue, Corte suprema. I critici continuano a vedere mille peli nell’uovo, ma è difficile sostenere che Trump non stia portando a casa risultati. Tutto ovviamente è in continua evoluzione. E la volatilità dei mercati resta alta, ci mancherebbe.

Epperò ci sono alcuni indicatori che forniscono segnali tutt’altro che preoccupanti. Come spiega la Reuters, il Cboe Volatility Index (Vix), che misura l’ansia degli investitori, a inizio a prile ha registro picchi fino a quota 60, il livello più alto degli ultimi cinque anni. Ebbene, da quella fase di evidente panico, il Vix è precipitato verso il basso. L’ultimo valore si attestato a 16,32, vicino alla sua mediana di lungo termine.
Il prossimo esame sarà quello delle trimestrali. I conti delle grandi aziende che arriveranno a breve, ci diranno se il buon andamento di Wall Street corrisponde ai fondamentali della finanza o se si tratta di una corsa di inizio estate destinata ad esaurirsi. Di sicuro conviene tenersi alla larga da chi dispensa perle di saggezza scambiando i propri auspici per previsioni scientifiche. L’apocalisse doveva essere dietro l’angolo, ma all’orizzonte non si vedono neanche le nubi.

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