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Bankitalia, smonta l'allarme dazi e promuove i conti

Il governatore Panetta ha spiegato che "il recente accordo tra l'Ue e gli Usa ha ridotto l’incertezza sul quadro dei rapporti doganali bilaterali"
di Sandro Iacomettimercoledì 29 ottobre 2025
Bankitalia, smonta l'allarme dazi e promuove i conti

3' di lettura

Un po’ di bussole per orientarsi tra le mille bufale che circolano sull’economia italiana e sulla gestione dei conti pubblici. Intanto, udite udite, i dazi non sono più il male assoluto. Dopo mesi di allarmi, lacrime e mani nei capelli da parte delle imprese, ovviamente speranzose di aiuti e sussidi, e delle opposizioni, impegnate quotidianamente ad accusare Giorgia Meloni di aver svenduto il Paese a Trump, ieri non un bieco esponente di Fratelli d’Italia, ma il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, ha spiegato «che il recente accordo tra l'Unione europea e gli Stati Uniti ha comportato un sensibile aumento dei dazi medi effettivi, ma ha ridotto l’incertezza sul quadro dei rapporti doganali bilaterali». Risultato? Considerato «il costante miglioramento della qualità dei prodotti» delle nostre imprese, «gli effetti diretti» dei dazi «per gli esportatori italiani e le loro filiere restano nel complesso limitati».

Archiviata finalmente l’apocalisse dazi, Panetta ci spiega anche che è inutile andare a caccia di baratri nei paraggi, quelli che Landini & C vedono ovunque. Certo, ha detto l’economista durante la Giornata del risparmio promossa dall’Acri, «è essenziale innalzare stabilmente il ritmo di crescita dell'economia oltre quell'1% stentato su cui sembriamo esserci assestati», soprattutto perché tra un po’ non ci sarà più l’aiuto del Pnrr. Ma per ora c’è poco da preoccuparsi. E le rassicurazioni, ari udite udite, arrivano proprio da quei segnali che qualcuno tende a considerare una bizzarra fissa di Giorgia Meloni e Giacarlo Giorgetti: il gradimento dei mercati. «La domanda estera di titoli pubblici», ha detto Panetta, «è tornata su livelli elevati» e «anche il giudizio delle principali agenzie di rating è migliorato, nonostante il difficile contesto geopolitico». Fattori, secondo il numero uno di Bankitalia, tutt’altro che marginali: «La tenuta dell'economia, la credibilità degli obiettivi di finanza pubblica e la prudenza nella gestione dei conti hanno rafforzato la fiducia nelle prospettive del Paese».

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Assodato che i dazi non ci uccideranno e che le agenzie di rating non tifano ottusamente per l’austerity, veniamo alla manovra. Il colpo di grazia alle balle sul governo che in questi anni non avrebbe protetto il potere d’acquisto delle famiglie e fa troppo poco per i salari arriva nientemeno che dalle pagine di Repubblica, dove l’economista Guido Tabellini, riprendendo la recente ricerca della Bce e un lavoro dell’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli, spiega che il fiscal drag (inflazione e fisco che erodono i redditi) è stato «più che integralmente compensato» dagli interventi del governo e che l’aumento del gettito è stato dovuto all’aumento della base imponibile (più occupati) e delle retribuzioni. Sgombrato il campo dalle critiche fantasiose, restano i fatti, che ci raccontano una dinamica salariale ancora troppo fiacca. Ed è per questo che l’Osservatorio di Cottarelli ritiene «comprensibile che il governo destini una quota rilevante delle scarse risorse disponibili ad alleggerire la pressione fiscale sui redditi medio-bassi».

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