Editoriale

Far fuori Berlusconi è un boomerang per il Pd

Giulio Bucchi

«Qui finisce l’avventura del signor Bonaventura, il quale però a differenza del personaggio di Sergio Tofano non diventa miliardario ma i suoi giorni li finisce tutti quanti nel penitenziario».  Oh, li immagino già titoli e filastrocche, frizzi e lazzi che compariranno in rete e sui giornali se la Giunta del Senato domani dovesse pronunciarsi a favore della decadenza del leader del centrodestra dalla carica di parlamentare. Mi raffiguro l’entusiasmo e la gioia trattenuta a stento che traboccheranno dai computer   e dalle prime pagine dei quotidiani. Se le dimissioni del Cavaliere da presidente del Consiglio nel 2011 avevano portato una folla a invadere piazza del Quirinale con musica, tamburelli e bottiglie per brindare, stavolta ci sarà da attendersi manifestazioni come se la squadra del cuore avesse vinto lo scudetto dopo anni di sconfitte. Girotondi, caroselli e  pure   qualche festa improvvisata  davanti ai templi del berlusconismo. Arcore, Palazzo Grazioli, la sede del Pdl e magari quella de il Giornale, quasi che si trattasse della festa della Liberazione. Del resto c’è da capirli: sono vent’anni che sognano di farlo fuori e di mandarlo se non sul marciapiede a chiedere l’elemosina (copyright Massimo D’Alema), almeno ai domiciliari e, se proprio non si può procedere neppure ad un arrestino di qualche mese, in esilio, a far la fine di Craxi. Due decenni d’attesa giustificano dunque l’eccitazione e l’impazienza di questi giorni. Però fossimo in loro, cioè in tutta questa gente che muore dalla voglia di sbattere fuori dal Parlamento Berlusconi per poi - dopo averlo privato del titolo di senatore - sbatterlo altrettanto rapidamente in cella o in una villa in Tunisia, noi ci andremmo cauti.  Anche se domani la giunta delle elezioni dovesse dichiarare decaduto il Cavaliere dalla carica a cui lo hanno eletto dieci milioni di italiani, l’avventura del signor Bonaventura, al secolo Silvio Berlusconi, non si chiude qui. Sì, lo so che le storie si chiudono per tutti e il leader del centrodestra dopo una carriera politica più lunga di molte altre non fa eccezione. So anche che, dopo essersi risollevato parecchie volte, in questa occasione il capo del Pdl farà fatica a riprendersi, un po’ perché ha 77 anni e un po’ perché ha perso per strada il suo tocco magico fra gli elettori. Gli italiani più che le ingiustizie di cui il Cavaliere è vittima hanno in testa la crisi economica e la paura per il proprio futuro e vorrebbero che i politici di questo si occupassero, non dei guai loro. Ciò nonostante, pur essendo a conoscenza che non siamo nel 1994 e neppure nel 2001, e che molti italiani pur essendo di centrodestra dall’attuale centrodestra sono delusi, io Berlusconi non lo archivierei con tanta fretta. Intanto perché, seppur logorato, il movimento che lui ha fondato e portato al successo continua a rappresentare il 30 per cento dell’elettorato attivo, vale a dire che è il più importante partito del Paese. E poi perché levato di mezzo Berlusconi i problemi dell’Italia non sono né risolti né in via di risoluzione, anzi. Infatti, privando un’area politica del suo rappresentante, paradossalmente i problemi si complicano perché le regioni economicamente più forti e vivaci del Paese non hanno nessuno che si faccia carico di difenderle e di sostenerne le istanze. Ragionamento che vale anche per le categorie, dai professionisti agli artigiani, per finire ai commercianti. Che succederà quando la ripresa non darà segno di essere in arrivo e le condizioni economiche peggioreranno? Il governo Letta o chi ci sarà continuerà a tassare le seconde case e a taglieggiare le pensioni che non sono al minimo pur di fare cassa? Oppure avremo una maggioranza piddina e grillina che darà finalmente seguito al progetto di decrescita felice, cioè a un programma di governo che ci renda tutti più poveri? L’uscita di scena di Berlusconi, o per lo meno la sua decadenza da un incarico parlamentare e la sua consegna agli arresti domiciliari, non risolve nessuno dei problemi italiani, ma piuttosto li aggrava, togliendo di scena brutalmente uno degli interpreti di chi sogna per questo Paese un futuro liberale e più moderno. Dal mercato del lavoro alla giustizia, dalla burocrazia alla crescita, è difficile immaginare che la soluzione a questi temi sia rappresentata da una sinistra becera e in lite per le poltrone e le carriere, come si assiste in questi giorni con Renzi e i suoi compagni. E quando gli elettori si renderanno conto che la condanna di Berlusconi e la sua cacciata con ignominia dal Parlamento non hanno portato a nessun cambiamento? Che cioè non hanno  né la prosperità né la tranquillità tanto sperate, che cosa succederà? Cosa faranno e soprattutto cosa diranno grillini e piddini oggi tanto ossessionati dal Cavaliere e dalla sua permanenza in campo? Può darsi che io mi sbagli. Ma chi oggi vuole chiudere con un voto di commissione la storia ventennale di Berlusconi non ha capito niente. Il voto contro di lui potrebbe infatti presto trasformarsi per la sinistra nel peggiore del boomerang. di Maurizio Belpietro twitter @BelpietroTweet