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Quando gli Stati Uniti rischiarano l'ecatombe nucleare

Nel 1961 un B-52 si spezzò in volo, un ordigno cadde sulla Carolina ma non esplose, benché innescato. La bomba era 260 volte più potente di quella di Hiroshima
di Giulio Bucchi domenica 22 settembre 2013

3' di lettura

Ma quale crisi dei missili di Cuba, gli Stati Uniti andarono molto più vicini all’apocalisse nucleare. E non per colpa dei missili sovietici ma di un proprio ordigno. Una bomba atomica americana 260 volte più potente di quella di Hiroshima ha rischiato di esplodere il 23 gennaio 1961 - tre giorni dopo l’insediamento di John F. Kennedy alla Casa Bianca - nella Carolina del Nord. Lo scrive il britannico Guardian, citando un documento ottenuto dal giornalista investigativo Eric Schlosser sulla base del Freedom of Indormation Act.  Secondo il rapporto segreto sull’incidente, un bombardiere B-52 si spezzò in volo lasciando cadere due bombe Mark 39 a idrogeno sopra Goldsboro, città della Carolina del Nord. «Una delle due bombe si è comportata esattamente come un ordigno nucleare dovrebbe fare» quando viene sganciata intenzionalmente: «il suo paracadute si è aperto e il processo di accessione si è innescato», si legge sul quotidiano. Ma un dettaglio su tutti gli altri fa veramente venire i brividi. «Un semplice interruttore a basso voltaggio che funzionava come una dinamo ha evitato agli Stati Uniti una catastrofe», impedendo alla bomba di esplodere, ha scritto Parker F. Jones, ingegnere che lavorava nei laboratori nazionali di Sandia, incaricati di mettere a punto i meccanismi di sicurezza per le bombe atomiche.  Autore del rapporto scritto otto anni dopo l’incidente, Jones ha sottolineato che tre dei quattro dispositivi di sicurezza non hanno funzionato. L’esplosione avrebbe potuto investire le città di Washington, Baltimora, Filadelfia e anche New York, mettendo «milioni di vite in pericolo». «Sarebbe stato un terribile epilogo», continua Jones nel rapporto segreto da lui intitolato «Goldsboro Revisited or: How I Learned to Mistrust the H-Bomb», un’allusione ironica al film sull’Olocausto nucleare di Stanley Kubrick «Dottor Stranamore ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e a amare la bomba».  Il governo americano ha sempre negato che il suo arsenale nucleare abbia mai messo a rischio la vita di cittadini Usa per errori nei dispositivi di sicurezza. Pare che invece non sia andata proprio così e che i maggiori pericoli per il Paese non siano arrivati dalla minaccia militare sovietica ma proprio dall’arsenale atomico Usa. Il Guardian ha rivelato infatti di aver scoperto che almeno 700 incidenti significativi; inoltre, incidenti che hanno implicato 1.250 armi nucleari sono stati registrati fra 1950 e 1968 dal governo. Insomma per lungo tempo si è sfiorata la catastrofe. E un gruppo di scienziati negli anni ha cercato di indicare il livello di rischio raggiunto con uno speciale «orologio». Quando venne creato nel 1947, sulla scia delle bombe atomiche sganciate dagli Stati Uniti sul Giappone, il Doomsday Clock era stato fissato a sette minuti alla mezzanotte. Era arrivato a due minuti dalla mezzanotte nel 1953, all’indomani dei test americani e sovietici della bomba all’idrogeno, mentre le lancette erano state allontanate a 17 minuti dalla mezzanotte nel 1991, alla fine della Guerra Fredda. Nel corso del confronto Usa-Urss uno dei momenti più critici, in cui si rischiò l’annientamento dell’umanità, fu nel corso della crisi dei missili a Cuba nell’ottobre 1962.  La tensione fra il presidente Kennedy e il suo omologo sovietico Nikita Kruscev salì al massimo dopo le immagini scattate dagli aerei-spia americani che rivelarono come Mosca stesse costruendo rampe missilistiche sull’isola. Due giorni più tardi, il 24 ottobre, 450 unità e quattro portaerei Usa della classe Forrestal da 60 mila tonnellate si schierarono al limite delle acque territoriali cubane in attesa di 25 unità mercantili sovietiche dirette verso l’Avana e distanti un giorno di navigazione dalla linea «di quarantena» navale americana. Nei cieli, 650 aerei, tra i quali i bombardieri B47, B52 e B58, sfrecciavano per un servizio permanente di sorveglianza. Il Líder máximo Fidel Castro, con toni spettacolari, annunciò di aver assunto il comando dell’Esercito e mise il Paese in stato di allerta. Non si arrivò alla guerra grazie a un accordo in extremis fra Washington e Mosca. Una fortuna, ma nulla in confronto a quanto accadde il 23 gennaio 1961 a Goldsboro. di Alessandro Carlini

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