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Kamikaze islamici guidano auto blu. I politici che rischiano la vita: i nomi

di Andrea Tempestini domenica 27 marzo 2016

3' di lettura

La circostanza è emersa negli ultimi mesi: alcuni autisti che si occupano del trasporto dei deputati europei hanno delle ombre - addirittura sospetti legami col terrorismo islamico - e per questo il Parlamento sta pensando di reclutarli con un metodo diverso. Non più, come avviene adesso, affidandosi a una società esterna. Ma assumendoli direttamente come già avveniva negli anni Novanta. L’obiettivo è scandagliare l’identità degli aspiranti conducenti, inasprendo i controlli. Anche per motivi di privacy, infatti, agli autisti che pure in queste ore accompagnano un Martin Schulz o una Marine Le Pen non sono state chieste informazioni sui familiari. Né hanno dovuto produrre un’approfondita documentazione del loro passato. Negli ultimi mesi il Parlamento ha quindi effettuato uno studio per verificare i costi dell’operazione: si tratta di mettere sotto contratto 110 nuovi dipendenti che costerebbero circa 3 milioni in più, da aggiungere ai quasi 7 milioni l’anno che vengono già spesi per i servizi di trasporto. Alcuni quotidiani stranieri hanno rilevato che l’esborso extra servirà a coprire anche le nuove divise, per 116mila euro l’anno. Ma attenzione, avverte il vicepresidente vicario del Parlamento europeo Antonio Tajani che è anche il responsabile della sicurezza: «Non è stato deciso nulla. Si tratta di una semplice valutazione», e quindi la cifra potrebbe ridimensionarsi. Il via libera è stato immaginato per l’inizio del 2017, e tra le ipotesi allo studio c'è anche la dotazione di un pulsante speciale nelle vetture per chiedere aiuto. La domanda è: i deputati vanno protetti oppure no? È logico alzare la sicurezza all’interno delle istituzioni, se poi i parlamentari raggiungono l’aeroporto con auto guidate da perfetti sconosciuti, pagati a ore, che ruotano di continuo e che potenzialmente ascoltano telefonate riservate? A Bruxelles e Strasburgo gravitano qualcosa come 751 deputati, provenienti da 28 Paesi e con una moltitudine di problemi e rischi diversi. Potenzialmente, gli obiettivi sono decine, soprattutto in una Bruxelles che nel 2020 avrà più residenti musulmani che cristiani. Anche per questo il palazzo dell’istituzione europea ha cambiato le procedure di sicurezza, col rifacimento degli ingressi principali. Così sono stati spostati i controlli - adesso sono prima dell’accoglienza - e sono stati inseriti strumenti tecnologici per rilevare armi o esplosivi. C’è una sala operativa attiva 24 ore e i circa 700 funzionari (molti italiani) che si occupano di sicurezza per le sedi di Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo sono quasi tutti ex delle forze dell’ordine con un curriculum brillante: i ruoli apicali sono occupati, per esempio, da un ex poliziotto belga e da un ex vigile del fuoco francese. Tutto questo era già stato deciso prima degli attentati dell’altro giorno. E ora il tema-sicurezza è tornato d’attualità, con l’ingresso per le auto nel Parlamento che è diventato più rigoroso: si verifica accuratamente anche sotto i veicoli e nel vano motore. Il segretario generale, Klaus Welle, aveva spiegato che l’eventuale assunzione di nuovi autisti ha l’obiettivo di «migliorare la sicurezza», con il Parlamento che sarà in grado «di condurre controlli approfonditi» prima di metterli a libro paga. «Nella riunione del 23 novembre 2015 l’Ufficio ha avuto uno scambio di opinioni sulla situazione della sicurezza in Europa e le sue conseguenze per il Parlamento» ha osservato Welle ad alcuni quotidiani stranieri. Quello che non aveva detto, perché la notizia resta top secret ma è stata confermata a Libero da fonti autorevoli, è che un paio di autisti sono chiacchierati per legami con l’estremismo islamico. Le esplosioni di Bruxelles accelereranno una decisione? di Matteo Pandini

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