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Ucraina, poteri economici, mafia e nazisti antisemiti: ecco i politici di Kiev che la Nato difende

di Nicoletta Orlandi Posti domenica 14 settembre 2014

3' di lettura

Figlio di un medico ufficiale della squadra sovietica di boxe e cresciuto in familiarità con ambienti del Kgb, nel 1991 al momento dell'indipendenza dell’Ucraina Oleh Tyahnybok entrò a far parte di un Partito Nazional-Sociale di Ucraina il cui nome richiamava apertamente il Partito Nazional-Socialista di Hitler, e che per di più aveva come simbolo la Runa del Lupo: noto simbolo nazista che in Italia fu adottato da Terza Posizione, e che oggi è l'emblema del Battaglione Azov, un gruppo di volontari accorsi in Ucraina da tutto il mondo a combattere contro i separatisti pro-russi, e tra i quali sono molti i militanti di gruppi di estrema destra. Primo deputato del partito a essere eletto nel 1998 alla Rada di Kiev, quando nel 2004 ne divenne leader cambiò nome e simbolo: ora Svoboda, “Libertà”, e una mano aperta. Ma in quell'anno denunciò alla Rada che l'Ucraina era in mano a una «mafia ebraico-moscovita», e quello successivo mandò all'allora presidente Viktor Yuschenko una lettera aperta per chiedergli di bloccare le «attività criminali» dell'«ebraismo organizzato». Dopo la Rivoluzione di Maidan il suo partito è andato al governo, con quattro ministri su 23. Uno è il vice-premier Oleksandr Sych: noto attivista anti-aborto, odiato dalle femministe per aver detto che spesso le donne stuprate se lo cercano con il loro comportamento. Un altro è il ministro dell'Ecologia e Risorse Naturali Andriy Mokhnyk, che nell'ottobre del 2013 si incontrò con i rappresentanti dell'italiana Forza Nuova. Hanno dunque ragione Putin, i ribelli russofoni e molti di coloro che sono preoccupati per il deterioramento dei rapporti tra Occidente e Russia, a dire che l'Europa e gli Usa stanno appoggiando a Kiev un governo «fascista e antisemita»? Che le cose siano forse un po’ più sfumate lo dimostra il fatto che però accanto a Sych l'altro vice-primo ministro è l'ebreo Volodymyr Groysman. Altri quattro ministri sono nati in Russia e uno in Azarbaigian da famiglia armena. Insomma, in realtà Svoboda ha ormai annacquato il proprio originario antisemitismo e ultranazionalismo, con un processo ad esempio simile a quello di Marine Le Pen. Governo fascista, dunque, no. Ma pasticcione certamente. La maggioranza si regge sul voto determinante di 125 Scilipoti che erano stati eletti con Yanukovich e poi davanti alle pressioni della piazza hanno cambiato bandiera. Lo stesso Yanukovich è stato cacciato dopo che era stato fatto un accordo formale per lasciargli la carica fino alle nuove elezioni, e sulla base dell'accusa di essersi venduto alla Russia per bloccare un accordo con l'Ue sul quale peraltro Bruxelles era tiepidissima. Però lui a Yulia Timoshenko, tuttora leader di riferimento dell'attuale maggioranza, l'aveva fatta mettere in galera proprio accusandola di aver concluso con Gazprom un contratto di fornitura di gas a condizioni troppo favorevoli per la Russia. E chi è adesso il ministro dell'Energia se non lo stesso della Timoshenko Yuriy Prodan, tra l'altro nato in Russia? Naturalmente poi sulla Timoshenko ci sono pure i dubbi su come negli anni '90 sia riuscita a diventare la “principessa del gas”, approfittando a man bassa delle privatizzazioni. Ma anche il presidente Petro Proshenko, “re del ciccolato”, è un magnate da 1,3 miliardi di dollari. Però l'uomo più ricco dell'Ucraina, con una fortuna da 15,4 miliardi è il tataro musulmano Rinat Akhmetov: magnate delle miniere, presidente della squadra di calcio dello Shaktar Donetsk, grande elettore di Yanukovich e sospettato sia di essere contiguo alla mafia sia di finanziare sottobanco i separatisti, anche se lui spergiura di volere l'unità dell'Ucraina. Insomma, un groviglio niente male. di Maurizio Stefanini

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