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Joe Biden insultato dai parenti dei 13 marines morti in Afghanistan: "Marcisci all'inferno"

di Maurizio Stefanini giovedì 2 settembre 2021

3' di lettura

Joe Biden spinto dalla gestione della ritirata afghana sull'orlo dell'inferno, si potrebbe sintetizzare. «Era mio fratello, possa tu marcire all'inferno!», gli ha addirittura gridato una donna, al termine di un teso incontro coni parenti delle 13 vittime dell'attentato dell'Isis K all'aeroporto di Kabul. Un caso estremo: con la maggior parte c'è stato un interscambio formalmente corretto, alcuni gli hanno pure espresso comprensione per la decisione del ritiro, ma in molti non hanno avuto remore a dire al presidente che secondo loro nel gestire questa decisione erano stato fatti sbagli gravissimi, di cui i loro congiunti sono stati vittime. Il clima è indicato anche dal veterano dei marine James LaPorta che dall'alba del 31 agosto ha cominciato a twittare i nomi di tutti i caduti americani nell'intervento in Afghanistan, in ordine cronologico.

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«Ho iniziato a farlo perché ho sentito che era la cosa giusta da fare», ha spiegato. «Vi inseguiremo pure all'inferno» è stata però anche la promessa di Biden all'Isis. Una postilla che fa parte del suo tentativo di presentare la ritirata come una decisione giusta e la gestione come «uno straordinario successo». «È finita la guerra più lunga della nostra storia». «La scadenza del 31 agosto per il ritiro dall'Afghanistan non era una data arbitraria ma una data per salvare vite americane». «Mi prendo la responsabilità per tutte le decisioni prese». «Non volevo continuare questa guerra per sempre. Di fronte all'avanzata dei talebani avevano due scelte: o seguire gli accordi fatti dal mio predecessore Donald Trump o inviare altre migliaia di soldati in una escalation della guerra».

COLLABORAZIONISTI
Chiamata di corresponsabilità del suo predecessore a parte, Biden ha spiegato che «c'è un mondo nuovo e dobbiamo difendere gli Usa da nuove minacce. La nostra strategia deve cambiare. Non avevamo bisogno di continuare una guerra di terra». «Dobbiamo affrontare le sfide di questo secolo e la competizione con la Cina o la Russia, continuando a combattere il terrorismo». Alcuni analisti ritengono che l'Afghanistan dei Taleban sarebbe appunto una polpetta avvelenata verso Mosca e Pechino, in particolare per le possibilità di contagio jihadista in Asia Centrale o nello Xinjiang. Un'altra analisi è che l'accordo sotto banco per cui i Talebani avrebbero scortato gli americani fino all'aeroporto prefigura una possibilità di futura collaborazione proprio contro l'Isis. «Vergogna», «il presidente ha creato un disastro, abbandonando degli americani e i nostri interessi», «Biden è incapace di servire come commander in chief, gli Stati Uniti e il mondo sono meno sicuri a causa sua», denuncia il presidente del Partito Repubblicano Ronna McDaniel. Imbarazzo anche dall'appello di Mohammed: un interprete afghano che 13 anni fa aveva aiutato a salvare l'allora senatore Joe Biden e altri due senatori rimasti bloccati in una remota valle dell'Afghanistan dopo che il loro elicottero era stato costretto ad atterrare durante una tempesta di neve. «Salve signor presidente: salva me e la mia famiglia». Moglie e quattro figli, che si stanno nascondendo dai talebani. Intanto in Afghanistan sta affluendo una quantità di volontari jihadisti, da tutto il mondo islamico. L'intenzione del nuovo governo, che sarà guidato dal leader supremo dei talebani Hibatullah Akhundzada, sarebbe di mandarli a liquidare l'ultima resistenza guidata dal figlio di Massud nel Panjshir.

IL LEADER SUPREMO
L'Afghanistan ridiventerebbe una università del terrorismo in cui i jihadisti potranno fare esperienza prima di tornare a fare disastri in Occidente. «I negoziati non hanno prodotto risultati, abbiamo circondato il Panjshir da quattro lati», ha avvertito l'esponente della dirigenza dei Taleban Amir Khan Muttaqi in un messaggio audio indirizzato al popolo del Panshir. «Dovete dire alla resistenza: basta con la guerra. Non ce l'hanno fatta con l'aiuto della Nato né a Kabul, né altrove». «Abbiamo già nominato un governatore e altre cariche per il Panjshir. Pensateci, unitevi all'Emirato islamico ed evitate una guerra». Per ora, il Panjshir non si arrende.

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