Strategie

Omicron, il suicidio di Hong Kong: cataste di morti in strada, come si è arrivati alla nuova strage-Covid

Massimo Sanvito

Davvero c'è l'inferno a Hong Kong? E soprattutto: se sì, perché? In effetti laggiù il Covid sta mordendo come mai aveva fatto in questi due anni di pandemia. Gli ospedali s' affollano di contagiati e si sono dovuti allargare nei parcheggi, trasformati in appendici dove curare i malati. E anche i decessi sono aumentati esponenzialmente. Dove anche grazie all'esperienza maturata con la Sars i morti erano rimasti contenuti - appena 213 da inizio 2020 -, oggi si sfiorano le 250 vittime al giorno. Da fine dicembre, quando la famigerata variante Omicron ha cominciato a circolare, se ne sono andate 4.000 persone. Il98% dei contagi totali (733.000), invece, si è concentrato proprio all'interno di questa ondata: ultimamente si viaggia a una media di 26.000 infezioni giornaliere. Il tasso di mortalità della città-stato è diventato il più alto al mondo: 4,7% ogni due milioni di abitanti. Un disastro che ovviamente ha la sue cause. Innanzitutto, le bassissime percentuali di vaccinazioni tra la popolazione più anziana e quindi più esposta a percorsi di malattia gravi nonché alla morte.

 

 

Un'equazione elementare. Soltanto poco più del 20 per cento di over 80 ha completato il ciclo vaccinale, e oltre il 60 per cento non ha fatto nemmeno mezza dose. I vaccinati con due o più punture tra i 70 e gli 80 anni, invece, superano di poco il 50 per cento: la restante metà è quasi completamente non protetta. E poi la fascia compresa tra i 60 e i 70 anni: il20 per cento di loro non ne ha mai voluto sapere del vaccino. Mentre i più giovani risultano sufficientemente vaccinati. Una politica che, alla luce di ciò che si sa del virus, pare impostata al contrario. Il paragone è impietoso con le vicine Singapore e la Nuova Zelanda, dove le percentuali di vaccinati - nessuna fascia d'età esclusa - tendono verso il cento per cento. Come normale che sia. Ma non a Hong Kong, dove la politica delle frontiere chiusissime copiata dal governo centrale cinese non ha dato gli stessi risultati. Perché? Il motivo è semplice: non c'era abbastanza personale per controllare tutti, isolare i contagiati e i loro contatti stretti. Il banco è saltato dopo le illusioni iniziali. Poi mettiamoci anche i vaccini messi in commercio dalla Cina, che non hanno dimostrato la stessa efficacia di quelli iniettati dall'altra parte del mondo, e il disastro è stato servito. La variante Omicron ha fatto il resto, mettendo in ginocchio il sistema sanitario e soprattutto le rigide regole anti-contagio.

 

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A Hong Kong, infatti, a causa di una prescrizione che impone l'isolamento in strutture dedicate o l'ospedalizzazione di tutti i positivi a prescindere dalla gravità dell'infezione, il tasso di occupazione dei posti letto è schizzato in pochissimo tempo al 90 per cento. E adesso non si sanno più dove mettere gli infetti. Ora non si riescono a celebrare nemmeno i funerali e i corpi dei morti vengono cremati alla svelta per fare spazio nelle camere mortuarie degli ospedali. La Cina ha inviato mille tra medici e infermieri ma è più un palliativo che non una misura realmente incisiva. Il sistema è al collasso. E anche l'economia se la passa male, con la Borsa di Hong Kong che ieri mattina è sprofondata a -5,72 per cento. L'altro ieri era piombata ai minimi storici dal 2016. Sugli investitori pesa il Covid, chiaramente, con la nuova impennata di contagi che ha portato anche al blocco produttivo del polo hi-tech di Shenzen, ma anche la guerra in Ucraina. C'è il timore che sulla Cina e le sue aziende possa arrivare la ghigliottina delle sanzioni da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Europa. Il dragone potrebbe pagare la sua vicinanza alla Russia di Putin. Le elezioni, intanto, sono state rinviate a fine marzo e le autorità hanno annunciato l'arrivo di operai dalla Cina per la costruzione di unità di isolamento e l'allestimento di 10.000 nuovi posti letto.