La richiesta di avvio della procedura di impeachment deve aver a dir poco gettato nel panico la Casa Bianca, se è vero che l'ufficio stampa del presidente ha deciso di scrivere ai più importanti media statunitensi (tra cui il New York Times e la Cnn) una lettera in cui li invita a «potenziare il lavoro di scrutinio» delle accuse che accompagnano la richiesta di dimissioni del presidente formulata martedì dallo speaker della Camera dei Rappresentanti, Kevin McCarthy. Da questo punto di vista, McCarthy ha già ottenuto uno degli obiettivi dei repubblicani: accrescere le pressioni su una Casa Bianca che è già alle prese con i pessimi indici di gradimento di Biden e le polemiche sollevate in merito alla sua età, dopo che numerosi sondaggi hanno mostrato come la gran parte degli elettori americani, inclusi quelli di fede democratica, lo ritengano troppo in là con gli anni per ricandidarsi a “comandante in capo” per un secondo mandato.
LA MAZZATA
Ieri, una mazzata sulle ambizioni del presidente in carica è arrivata nientemeno che dal Washington Post, il quotidiano in assoluto più vicino ai democratici. In un editoriale di un suo columnist di punta, David Ignatius, il Post chiede senza se e senza ma a Biden di rinunciare a ricandidarsi perché un suo ticket con Kamala Harris nel 2024 verrebbe sicuramente sconfitto da Donald Trump. Tornando all’impeachment, i collaboratori del presidente hanno già bollato come «bugie» le accuse sulle quali si fonda la richiesta di dimissioni del presidente. McCarthy, da parte sua, ha spiegato che «le indagini da noi condotte in questi mesi dimostrano che il presidente ha mentito agli americani a proposito della sua conoscenza degli affari del figlio Hunter in Cina e Ucraina» e definito quello della famiglia Biden «il ritratto di una cultura della corruzione». Nello specifico, sono sette le accuse mosse dalle due commissioni d’inchiesta a maggioranza repubblicana Biden, relativamente al periodo in cui era il vice di Barack Obama alla Casa Bianca.