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Marine Le Pen può vincere, Perfetti: "Ai francesi fa più paura la sinistra"

Daniele Dell'Orco
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La vittoria dell’alleanza Rally National-Les Républicains, il flop di Emmanuel Macron e il 69% di affluenza che non si vedeva da mezzo secolo, il primo turno delle elezioni legislative francesi offre molti spunti che Libero commenta insieme a Francesco Perfetti, professore di Storia contemporanea e Presidente della Giunta Storica Nazionale. «I risultati confermano in qualche modo le attese degli ultimi giorni anche perché era davvero difficile immaginare un assalto più deciso di così da parte de RN alla maggioiranza assoluta. L’“effetto Bardella”, comunque, c’è stato».

Di quale effetto parla? 
«Il candidato premier di Le Pen aveva detto che avrebbe accettato l’incarico soltanto se i francesi gli avessero accordato la maggioranza assoluta. In chiave elettorale, questa mossa serve per polarizzare più possibile la situazione e spingere un afflusso di elettori gollisti verso il RN».
Difatti, vista l’affluenza notevole ci si sarebbe potuti aspettare una corsa al voto per arginare la marea lepenista, invece i consensi tutto sommato sono distribuiti... 
«La chiamata alle armi è stata assolutamente bipartisan, i dati lo confermano. Non essendo realistica una possibilità di comporre governi di unità nazionale, i francesi a questo punto sono chiamati a scegliere tra due poli, senza possibilità di fuga, tra una destra e una sinistra. In sostanza la domanda a cui dovranno rispondere in vista del secondo turno sarà: “chi ci fa più paura?”»
Ecco, se avesse il passaporto francese lei chi temerebbe di più? 
«Be’, io trovo che, per la prima volta, la preoccupazione nei confronti della sinistra che si sta radicalizzando con vigore sempre maggiore possa far superare una volta per tutte certe tradizionali divisioni nelle formazioni e negli elettori di destra».
Ci faccia capire meglio... 
«Pensiamo all’anima gollista del Paese, messa oggi in seria crisi di fronte a un aut-aut del genere. Un tempo la scelta sarebbe stata semplice, stavolta i timori nei confronti del Rassemblement che si è evoluto parecchio rispetto al Front National potrebbero non risultare più così fondati».

 

 


Il centrodestra, quindi, si sposterà verso destra... 
«Come tutto il Paese. Lo spostamento in direzione identitaria e sovranista mi sembra abbastanza chiaro ormai. E mi sembra assolutamente fallito il tentativo di Macron di utilizzare come clava anti-Le Pen la legge elettorale francese».
Dopo le Europee pensava che i transalpini si “responsabilizzassero” e tornassero a votare per lui. E invece? 
«E invece, ciò che aveva sempre funzionato nel corso dell’intera storia della Francia, con una formazione più radicale che al momento della scelta veniva considerata impresentabile anche da quelle di destra più moderate, stavolta rischia di non funzionare più. Torno all’esempio del gollismo, un sentimento certamente non di sinistra ma assolutamente plebiscitario intorno alla figura di Charles De Gaulle. Ciò che ha sempre spinto via i gollisti dai nazionalisti è che questi ultimi sono nati in qualche modo da una costola dei reduci della Repubblica di Vichy, e di conseguenza anti-gollisti per natura».
Cos’è cambiato adesso? Questa frattura è meno accentuata? 
«Sì, probabilemnte. E gli elementi di novità sono diversi. Il primo è innegabilmente il cambio di volto del Rassemblement rispetto alla sigla che lo precedeva. A partire dalla proposta di Jordan Bardella a Matignon, un 28enne non certo ascrivibile ad un passato vecchio di 80 anni e con un’esperienza di spessore già svolta in Unione europea. Ma un altro dato fondamentale che tendiamo a dimenticare è l’eredità di Nicolas Sarkozy, il presidente più odiato della storia francese».
Ossia? 
«È un esponente repubblicano ma transfuga del gollismo. Ostracizzato ovviamente tanto dalla sinistra quanto dalla destra. E, col senno di poi, anche dall’elettorato moderato che l’aveva portato all’Eliseo. È come se la sua disfatta abbia riabilitato in qualche modo le alternative, persino le più improbabili. Almeno a destra. O almeno tra coloro che percepiscono la sinistra come un pericolo reale».
Anche in chiave internazionale. Non è un caso che Marine abbia parlato subito di sinistra antisemita... 
«Sì, questi fattori finiscono per essere divisivi, la posizione nei confronti dei rapporti con la Russia, la presenza in Ue, la guerra a Gaza. Di fronte a questo i ragionamenti del passato cadono».

 

 


Innegabilmente, comunque, il grande fantasma di queste elezioni è Macron. 
«Direi in senso più ampio il centro, incarnato da Macron. I centristi stanno a loro volta subendo un percorso di polarizzazione. Il sistema politico francese nasce con l’intenzione di marginalizzare i poli. Oggi stiamo assistendo invece alla nascita di sentimenti centrifughi. Alle due estremità dello spettro politico ci sono formazioni più rassicuranti per alcune classi sociali rispetto a chi invece staziona al centro e nel corso degli anni si è dimostrato lontanissimo dalle basi».
Macron è figlio di un periodo storico in cui stavano nascendo diversi partiti leaderistici... 
«Esatto. Ciò significa che dietro la sua immagine, la riconoscibilità di Ensemble non esiste. E attualmente non esiste più nemmeno una sua presidenza. Sarà curioso vedere quali saranno le sue indicazioni per il secondo turno ma, soprattutto, quanto saranno efficaci. Per come la vedo potrebbero persino essere controproducenti».

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