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Barnier strizza l'occhio a Le Pen: "Più duri coi migranti"

Mauro Zanon
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«Sull’immigrazione, serve una risposta europea ma anche una risposta qui da noi. Occorrono nuove misure. Bisogna trattare il problema dell’immigrazione con molto più rigore». Nella sua prima intervista da primo ministro, rilasciata ieri sera su France2, Michel Barnier ha lanciato un chiaro messaggio a Marine Le Pen. Più ambiguo sulla questione della riforma pensionistica di Macron, che l’esponente dei Répubblicains ha affermato di voler «migliorare». 

In che modo, non lo ha detto. Ci sono volute due settimane di negoziazioni serrate per arrivare a un esecutivo a maggioranza macronista e gollista, con un solo esponente della gauche, il socialista Didier Migaud, che avrà le redini della Giustizia. «Non ha alcun futuro», ha commentato Jordan Bardella, presidente del Rassemblement national (Rn). Il partito sovranista avrà un ruolo cruciale per la sopravvivenza del Barnier I. Con i suoi 126 deputati, in caso di voto congiunto con il Nuovo fronte popolare, la coalizione delle sinistre che all’Assemblea nazionale conta 193 scranni, potrebbe decidere di far cadere il governo in qualsiasi momento.

Fin dalla nomina di Barnier, lo scorso 5 settembre, arrivata in seguito alla bocciatura di due profili osteggiati proprio da Rn, il socialista Bernard Cazeneuve e il gollista Xavier Bertrand, Marine Le Pen e Jordan Bardella hanno fissato le loro “linee rosse”: niente aumento delle tasse per proteggere il potere d’acquisto dei francesi, ma soprattutto un chiaro impegno contro l’immigrazione e la diffusione dell’insicurezza. Come riportato ieri dal Monde in un approfondimento sulla strategia lepenian-bardelliana per «mettere il governo Barnier al servizio delle loro idee», alcuni dirigenti Rn sostengono che l’ex capo negoziatore della Brexit per l’Ue potrebbe non sopravvivere all’esame della legge di bilancio 2025. Ma i frontisti contano su ogni scadenza importante, a partire dal discorso di politica generale previsto per il 1° ottobre, per mettere il fiato sul collo al nuovo primo ministro.

 

Dall’altra parte dello scacchiere politico, Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise, il partito della sinistra radicale, promette che la sua famiglia farà di tutto per «sbarazzarsi il prima possibile» di questo governo, che non ha «né legittimità né futuro». «Il cast del nuovo film catastrofico macronista è ora noto. Il governo dei perdenti delle elezioni legislative è nelle mani dell’inquietante ministro dell’Interno», ha aggiunto Mélenchon, in riferimento alla promozione al ministero più importante di Francia di Bruno Retailleau, esponente dell’ala più dura dei Républicains, il partito gollista. 

 

Cattolico, anti matrimoni gay e contrario alla costituzionalizzazione dell’aborto, Retailleau ha posizioni conservatrici che fanno venire l’orticaria anche all’interno della macronia. «Ci sono ovviamente disaccordi di fondo con alcune persone che sono entrate a far parte del governo. Non dobbiamo nasconderci», ha dichiarato l’ex premier Gabriel Attal, durante una riunione del gruppo Ensemble pour la République all’Assemblea nazionale di cui è presidente. Oggi ci sarà il primo consiglio dei ministri del Barnier I, un governo sotto stretta sorveglianza.

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