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Ue, Donald Tusk inchioda i progressisti: "Migranti? Abbiamo già preso tanti ucraini"

di Carlo Nicolato domenica 9 febbraio 2025

3' di lettura

Quando Donald Tusk tornò al potere nel 2023, dopo 7 annidi Morawiecki, a palazzo Berlaymont stapparono bottiglie di champagne. Grazie all’ex presidente del Consiglio europeo, dicevano, la stella della Polonia tornerà a splendere a Bruxelles nel gotha dei fedeli europeisti. In qualche modo avevano ragione, ma non avevano fatto i conti con il fatto che a Varsavia, che ci sia Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski o Piattaforma Civica di Tusk, non amano gli immigrati, specie quelli provenienti da Paesi, culture e religioni troppo distanti. Non deve sorprendere dunque l’annuncio di Tusk dell’ultima ora secondo il quale il suo Paese non attuerà il Patto europeo sui migranti che lo costringerebbe ad accogliere ulteriori quote. «Siamo pronti a collaborare con chiunque per proteggere l’Europa dall'immigrazione illegale» ha detto, «ma la Polonia non è pronta ad accettare ulteriori oneri». «Penso che stiamo già sopportando, più di quanto chiunque avrebbe potuto prevedere qualche anno fa» ha aggiunto riferendosi ai due milioni di rifugiati ucraini che la Polonia ha accolto da che è iniziata la guerra.

L’europeista Tusk lo scorso anno aveva già lasciato intendere che sotto questo punto di vista tra lui e l’ex premier Morawiecki non c’erano grosse differenze come aveva dimostrato ad esempio la sospensione temporanea delle richieste di asilo politico per i migranti che arrivano attraverso la Bielorussia. Su questo punto peraltro l’Ue concorda, tanto che la Von Der Leyen ha promesso ieri nuovi fondi «per rafforzare il confine orientale». Tra le altre cose tuttavia Tusk è andato anche più a destra di Morawiecki, introducendo ad esempio il requisito della conoscenza della lingua polacca per poter ottenere la Karta Polaka (“carta polacca”), un documento che non dà automaticamente diritto alla residenza né alla cittadinanza, ma consente di accedere a una serie di programmi di assistenza sociale e agevolazioni, e ha anche inasprito le regole per ottenere i visti.

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D’altronde Tusk, quasi sessantottenne e in politica da oltre 40 anni, è e rimane uno scaltro politico di centrodestra, uno che sa destreggiarsi molto bene tra i meandri dei programmi e delle ideologie, prendendo a mani basse da una parte e dall’altra a seconda delle convenienze. E prendendosi anche rischi e responsabilità non richiesti. Lui stesso ama sottolineare che queste doti di sopravvivenza gli derivano da una giovinezza in povertà a Danzica, dopo la morte del padre falegname.

Ma anche dal lavoro che negli anni ‘80 fu costretto ad accettare come riparatore di camini ed edifici alti che lui scalava “come un pazzo” con l’attrezzatura da alpinismo. Ma gli deriva anche dalle sue origini eterogenee che egli non manca di vantare: orgoglioso figlio di Danzica, l’ex città portuale tedesca sul Mar Baltico; casciubo, una minoranza etnica slava originaria della Polonia settentrionale con una propria lingua e tradizioni; polacco ed europeo. Studiò storia all’università di Danzica e durante quel periodo iniziò la sua brillante attività politica entrando a far parte del Comitato Studentesco di Solidarno.

Divenne per la prima volta premier del suo Paese nel 2007, dopo aver fondato e diretto tre partiti, il Congresso Liberal -Democratico dal 1990 al 1994, l’Unione della Libertà dal 1994 al 2000, e Piattaforma Civica di cui è ancora presidente. Venne riconfermato nel 2011, ma nel 2014 si prese una pausa dalla ristretta politica polacca accettando l’incarico di Presidente del Consiglio Europeo succedendo a Herman Van Rompuy. Dopo tale esperienza conclusasi alla fine del 2019 avrebbe potuto rimanere a Bruxelles e garantirsi ulteriori comodi e redditizi incarichi, ma l’“alpinista pazzo” ha preferito tornare in patria e sfidare Diritto e Giustizia, il partito di destra che “regnava” nel Paese da qualche anno secondo una linea non certo compiacente a quella di Bruxelles.

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Una volta tornato alla guida del governo polacco tuttavia non ha smantellato il lavoro fatto da Morawiecki, anzi nonostante i suoi trascorsi da sostenitore radicale del libero mercato ha mantenuto alcuni sussidi sociali introdotti da Diritto e Giustizia. E nonostante le promesse sui diritti delle donne l’aborto in Polonia è tuttora perlopiù illegale. Le sue proposte, solo leggermente più permissive rispetto alle leggi del governo precedente, sono state bocciate dal Parlamento grazie al voto di molti esponenti del suo partito e senza che Tusk ne facesse un dramma.

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