Foto di guerra famose, ma dubbie. Non solo la bambina del napalm: l’immagine più famosa della guerra del Vietnam, di cui nei giorni scorsi si è ripreso a parlare perché la sua attribuzione è stata sospesa dalla World Press Photo: l’organizzazione no-profit con sede ad Amsterdam che fu fondata nel 1955, a cui corrisponde l’assegnazione del più grande e più prestigioso concorso di fotogiornalismo mondiale. The Terror of War si intitola lo scatto in cui si vede una bambina nuda in fuga, con il corpo gravemente ustionato dal napalm. Classe 1963, Phan Thi Kim Phuc da grande fu mandata a Cuba per essere curata e studiare, ma nel 1993 chiese asilo politico in Canada, e oggi è cittadina canadese. La foto fu attribuita a Nick Út, che vi vinse il Pulitzer. Nel 1973 fu scelta anche come World Press Photo of the Year del 1972. Ma c’è sempre stata l’ipotesi che in realtà fosse stata scattata da Nguyen Thành Nghe, non accreditato in quanto non membro della Associated Press.
Ora, dopo aver condotto un esame dettagliato e non aver trovato alcuna prova conclusiva che “confermi o smentisca chiaramente” che la foto sia stata scattata da Nick Út, la sua paternità è stata sospesa fino a ulteriori chiarimenti.
I SEI MARINES
Ma, appunto, questa non è l'unica foto simbolo che è stata messa in discussione o ha generato polemiche. Così come la bambina del napalm è un simbolo del Vietnam, una icona della Seconda Guerra Mondiale è l’immagine dei sei marines che il 23 febbraio 1945 issarono la bandiera a stelle e a strisce sulla collina più alta dell’isola di Iwo Jima, dopo cinque giorni di feroce battaglia. Fu il fotografo dell’Associated Press Joe Rosenthal a immortalare quel momento storico, due giorni dopo l’istantanea sarebbe stata sulla prima pagina di tutti i giornali degli Stati Uniti e, in quello stesso anno l’immagine vinse a sua volta il Premio Pulitzer. Da subito, però, circolarono anche voci secondo cui la foto fosse stata manipolata. La verità è che il fotografo americano arrivò in ritardo all’alzata della prima, piccola bandiera. Tuttavia, quando raggiunse la cima del monte Suribachi, un secondo gruppo di marines si stava preparando a issare una seconda bandiera, più grande, poiché, per ordine dell’Alto Comando, quella americana doveva essere visibile da tutta l’isola. Rosenthal scattò molte altre foto, tra cui una di 16 marines e due medici in posa attorno alla bandiera. Quando le foto furono sviluppate, qualcuno chiese al fotografo se avesse fatto mettere in posa gli effigiati nella foto. Rosenthal rispose di sì, pensando che si riferisse alla foto di gruppo. Quel malinteso arrivò alla stampa e il fotografo trascorse il resto della sua vita a difendere il suo lavoro, spiegando che i marines con la bandiera non erano in posa. Ma ancora più mistero c’è per «La macchina fotografica di Robert Capa cattura il momento in cui un soldato spagnolo viene colpito alla testa da un proiettile alla fronte a Cordova» durante la battaglia di Cerro Muriano. Immagine altrettanto simbolica sulla Guerra Civile Spagnola, meglio nota con i titoli «La caduta del soldato» o «Morte di un miliziano». L'immagine apparve per la prima volta sulla rivista francese Vu nel settembre del 1936. Tuttavia, non raggiunse la notorietà internazionale fino all’anno successivo, quando apparve sulle pagine di Life, il che le conferì ampia diffusione e un forte valore simbolico. Ma anche qui ci sono stati dubbi fin da subito, e l’accusa di messa in scena è stata reiterata agli inizi del 2022 da Fernando Penco, esperto archeologico di Cordova. E nel 2023 la tesi è stata reiterata in un libro di José Manuel Susperregui, professore dell’Università dei Paesi Baschi.
NON È IL CERRO MURIANO
In primo luogo, Susperregui ha scoperto che il luogo era diverso e che l’istantanea era stata scattata nella periferia della città di El Espejo, a sud-est di Cordova, e non, come inizialmente affermato, nella parte settentrionale della città andalusa, dove i rifugiati stavano fuggendo dagli attacchi di mortaio delle forze ribelli in avanzata. Ma già Penco nel 2007 aveva detto che dopo aver visto «lo sfondo montuoso» aveva capito che «non si trattava del Cerro Muriano» perché era un paesaggio che conosceva «come il palmo della sua mano». Non solo. Capa, per conto suo, aveva sempre sostenuto che il miliziano stava attaccando una posizione nemica e che aveva semplicemente alzato la macchina fotografica e catturato l’attimo. Ma dopo aver confrontato altre fotografie scattate quel giorno da Capa e dalla sua compagna Greda Taro, si rese conto che erano state scattate con una macchina fotografica montata su un treppiede inclinato di dieci gradi per dare l’impressione che il soldato ferito stesse scendendo un pendio, quando in realtà il terreno era pianeggiante. Inoltre, «dal luogo in cui si trova il sito, il miliziano in questione guarda verso le linee di difesa dell’esercito repubblicano». In altre parole, l’unico modo in cui un proiettile di mitragliatrice avrebbe potuto colpirlo sarebbe stato se a sparargli fosse stata la sua stessa fazione.