Del cancelliere Friedrich Merz, ieri, nello Studio Ovale, non è rimasto che minutaglia: la conferenza stampa ha virato sullo strappo con Elon Musk e della Germania non è importato più niente a nessuno. «Sono molto deluso da Elon, non so se avremo più un grande rapporto», ha detto il presidente dopo le critiche alla legge di bilancio da parte del multimiliardario che «conosceva tutti gli aspetti interni della legge, meglio di chiunque sia seduto qui». Il patron di Tesla, che ha risposto “sì” a chi su X proponeva l’impeachment per Donald, ha subito risposto: «Non mi è mai stata mostrata la legge (che pochi giorni fa ha definito un «disgustoso abominio», ndr), è stata approvata così velocemente che quasi nessuno al Congresso ha potuto leggerla». E ha aggiunto: «Senza di me, Trump avrebbe perso le elezioni, i Democratici controllerebbero la Camera e i Repubblicani sarebbero 51-49 al Senato. Che ingratitudine!». Musk è già alla seconda fase del lutto, quella della rabbia. E infatti attacca: «È ora di sganciare la grande bomba: Donald Trump è negli Epstein Files.
Questa è la vera ragione per cui non sono stati resi pubblici. La verità verrà a galla». Il presidente non ha risposto alle accuse. Ed ecco poi la fase del chiodo schiaccia chiodo. L’ex capo del Doge cerca già di riempire il vuoto. «È ora di creare un nuovo partito politico in America che rappresenti veramente l’80% delle persone al centro?», ha chiesto agli utenti. E lancia un sondaggio: nella prima ora dalla pubblicazione, su 460mila voti, l’82% aveva votato Sì. A quel punto Trump ha minacciato di tagliare i contratti governativi di Elon: «Gli ho chiesto di andarsene, gli ho revocato l’obbligo di acquisto di auto elettriche che obbligava tutti ad acquistare quelle che nessun altro voleva ed è e impazzito! Avrebbe dovuto rivoltarsi mesi fa. Questa legge contiene un taglio record delle spese, 1.600 miliardi di dollari. Se non passa ci sarà un aumento delle tasse del 68%».
E ha aggiunto: «Il modo più semplice per risparmiare sul nostro bilancio, miliardi e miliardi di dollari, è porre fine ai contratti governativi di Elon. Sono sempre stato sorpreso che Biden non l’abbia fatto!». Non si è fatta attendere la risposta di Musk: «SpaceX inizierà immediatamente a disattivare la sua navicella spaziale Dragon». Tradotto: potrebbe essere staccata la spina ai programmi spaziali della Nasa. Dragon, sviluppata da SpaceX, serve per il trasporto di merci e di equipaggi sulla Stazione Spaziale Internazionale. Dragon ha anche un futuro con la Red Dragon per l’esplorazione di Marte. «I dazi provocheranno una recessione nella seconda metà del 2025», ha aggiunto Musk.
Solo pochi giorni fa, in mondovisione, Trump aveva donato a Musk una grossa chiave dorata della Casa Bianca, a dire che il gigante della tecnologia sarebbe stato sempre il benvenuto. A Wall Street, ma non stupisce, non lo è più da mesi: dopo lo scontro a distanza tra i due, le azioni di Tesla sono crollate di oltre il 15%, bruciando più di 150 miliardi di dollari; la società di Donald, Trump Media, ha invece perso il 9%. E Merz? Gli ottimisti dicevano che sarebbe andato tutto bene. I due, Donald Trump e Friedrich Merz, si sono sentiti telefonicamente già quattro volte. E al presidente americano piace quel tedesco milionario con due jet privati, giocatore di golf ed ex dipendente della società d’investimenti BlackRock. I pessimisti descrivevano il toboga di esecrazione e sintonia che c’era stato tra i due nel corso degli anni. Il cancelliere è arrivato dall’inquilino della Casa Bianca brandendo il certificato di nascita incorniciato del nonno del presidente, Friedrich Trump, nato nel 1869 a Kallstadt. Trump si è sdilinquito.
Si è congratulato con il cancelliere per la sua elezione, ha detto che il suo mandato è di «avere un ottimo rapporto con la Germania», ha riconosciuto al suo omologo di essere «tosto» ma capace di trattative, tant’è che «sta spendendo di più per la difesa» e l’accordo commerciale sarà «buono», anche se i dettagli saranno messi a punto dall’Unione europea. Merz è infatti arrivato preparatissimo – retroscena – anche grazie a una telefonata con Giorgia Meloni che avrebbe dato istruzioni per non accedere all’istante al titolo di reprobo. Ha insistito sulla questione Ucraina e sul sostegno a Kiev. E Trump l’ha seguito: «Russia e Ucraina sono come due bambini che litigano, a volte è meglio lasciarli litigare per un po’». Si è detto a fianco dell’Ucraina e pronto a «imporre nuove sanzioni contro Mosca» se percepirà che il conflitto «non si ferma». Adesso c’è un’altra escalation che lo preoccupa: la bega con Musk alla fine è arrivata, puntuale, kairologica. E può espandersi fino a Marte.