La Cina potrebbe sfruttare a suo vantaggio il caos che regna in Iran dopo gli attacchi lanciati da Israele. A dimostrarlo, tra le altre cose, la tempestiva condanna nei confronti di Tel Aviv da parte del rappresentante cinese alle Nazioni Unite. Poi, a rendere ancora più chiaro il quadro è la questione della società cinese Huawei, che parte da lontano, quando il fondatore dell’azienda, Ren Zhengfei, fu parte della delegazione guidata da Hu Jintao, allora vicepresidente cinese, e diretta in Iran a inizio 2001. In realtà già nel 2000, Huawei competeva con altre aziende allora più grandi per progetti a Teheran. Una circostanza che dimostrava quanto quel mercato fosse importante.
Da allora Pechino avrebbe sempre avuto un interesse forte per il territorio iraniano, pensando di poter sviluppare proprio lì la sua tecnologia. E in effetti qualcosa è successo con Skycom Tech, società accusata di essere utilizzata da Huawei per il commercio con l’Iran in violazione delle sanzioni. E in questo legame, secondo la stampa internazionale, avrebbe avuto un ruolo la direttrice finanziaria di Huawei e figlia del fondatore, Meng Wanzhou. Per questo è stata poi arrestata in Canada nel 2018. Proprio questo caso avrebbe innescato la guerra tecnologica tra Pechino e Washington mettendo in luce i rischi dei possibili affari commerciali tra la Cina e l'Iran.
Oggi, invece, il principale punto di incontro tra Pechino e Teheran è l’energia, con l’Iran che esporta circa il 90% del suo petrolio in Cina. Anche se dopo i recenti conflitti in Medio Oriente, i flussi di petrolio sono diminuiti di circa il 20% rispetto all’anno scorso con conseguente aumento dei costi di trasporto. Pechino, dunque, starebbe adottando un approccio più prudente.