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Iran, l'arsenale: perché l'incubo sono le armi ipersoniche

di Mirko Molteni mercoledì 18 giugno 2025

3' di lettura

I bombardamenti aerei israeliani sull’Iran, giunti ieri al quarto giorno, hanno colpito anche le forze missilistiche del regime di Teheran, controllate dai militi pasdaran, ma l’arsenale degli ayatollah resta ingente e i lanci spesso soverchiano le difese ebraiche. Il consigliere per la sicurezza nazionale israeliana Tzachi Hanegbi ha reso noto che l’Iran avrebbe ancora «fra 1.500 e 2.000 missili». Il portavoce di Tsahal, le forze armate ebraiche, generale Effie Defrin, ha riferito che finora l’Iran ha lanciato «350 missili a partire da venerdì», in risposta all’offensiva israeliana, e che i caccia israeliani hanno distrutto al suolo «120 rampe di lancio, un terzo del totale», oltre a «20 missili distrutti al suolo la scorsa notte, prima che fossero lanciati».

Assai tartassata è stata la base missilistica di Kermanshah, dove, come da immagini satellitari diffuse dalla CNN, sono stati danneggiati 15 edifici, nonché le entrate dei tunnel sotterranei in cui trovano rifugio i grossi autocarri muniti di rampa di lancio. Altre “città sotterranee” di missili sono state bersagliate a Tabriz e Ghadir, ma gli iraniani camufferebbero molti camion lanciamissili da veicoli civili. I pasdaran hanno ieri dichiarato d’aver colpito Tel Aviv e Haifa con missili ipersonici in grado di superare le difese con «nuovi metodi». Si riferivano al missile ipersonico a testata manovrabile Fattah-1, la cui velocità terminale è stimata fra Mach 13 e Mach 15, cioè da 13 a 15 volte la velocità del suono, fino a 16.000 km/h. Inizialmente con gittata da 1.400 km, il Fattah sarebbe stato migliorato come Fattah-2, da 1.800 km di gittata, utilizzato dagli Houthi, i ribelli filoiraniani dello Yemen, per attaccare Israele da Sud.

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Come tutte le armi ipersoniche, punta sulla velocità per sfruttare quel minimo tempo di reazione incomprimibile fra l’avvistamento radar e il processamento dei dati per dirigere gli antimissile. La testata è manovrabile mediante razzo orientabile per tentare di scansare i razzi intercettori. Simile sarebbe un altro ordigno iraniano, l’Haj Qassem, intitolato a Qassem Soleimani, il capo pasdaran ucciso dagli americani nel 2020 in Iraq. Fa Mach 12 e ha un raggio d’azione di 1.400 km. Lo scudo antimissile israeliano è organizzato a strati, fra l’Arrow per le altissime quote debordanti nello spazio, la David’s Sling per le medie quote e l’Iron Dome per le basse quote, oltre a missili THAAD forniti dagli Stati Uniti. Attacchi in massa possono saturare i costosi missili in dotazione alle batterie antiaeree.

Il “proiettile” dell’Iron Dome, il missile Tamir in gran parte fabbricato negli Stati Uniti, costa 150.000 dollari al pezzo. L’Arrow 3, che centra i missili nemici nello spazio, al culmine della parabola, costa 3 milioni di dollari l’uno. Non è ancora usato il laser Iron Beam, che entrerà in servizio a fine 2025 e dovrebbe costare solo 30 dollari a intercettazione, il costo dell’energia per il raggio laser. Che gli Stati Uniti possano unirsi alla lotta affiancando Israele pare comprovato da movimenti osservati ieri.

Almeno 28 aerocisterne per il rifornimento in volo dell’aviazione americana, fra Boeing KC-135 e KC-46, son decollate dall’America verso Europa e Medio Oriente, preparandosi probabilmente a rifornire in volo caccia e bombardieri USA in caso di raid sull’Iran. Dal Pacifico è salpata la portaerei nucleare Nimitz, che secondo Washington dovrà arrivare nel Mare Arabico “senza indugio”, tanto che la nave ha cancellato una prevista tappa a Da Nang, in Vietnam, facendo rotta verso il Medio Oriente «per un’esigenza operativa urgente». Si aggiungerà a un’altra portaerei americana già presente nella zona da mesi, la Vinson, e a diversi incrociatori della US Navy armati con missili da crociera Tomahawk.

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