Una enorme bandiera arcobaleno disegnata sull’asfalto simboleggia la porta d’ingresso nel quartiere più cosmopolita di Taipei, Ximendin. La zona rappresenta l’anima della Taiwan democratica e inclusiva, ma non nulla riesce a mettere tutti d’accordo come l’odio verso il Partito Popolare Cinese. Specie nei weekend, tutta l’area diventa una passerella di attivisti anti-Pcc. La stragrande maggioranza delle sigle è legata all’universo del Partito Democratico Progressista al potere a Taiwan. Con insegne più nere, spicca tra la folla anche un gruppo di giovani, guidato da Sheng-Yuan Chen. Spiega a Libero, inizialmente quasi sussurrando, che sì, anche loro stanno manifestando contro il governo di Pechino. Ma da un punto di vista un po’ diverso, quello del “New Federal State of China”, movimento politico fondato nel 2020 da Guo Wengui, imprenditore cinese in esilio, con l’obiettivo dichiarato di rovesciare il regime e instaurare una nuova Cina libera, federale e basata sullo stato di diritto.
Il supporter principale?
«Steve Bannon».
Siete dei trumpiani per Taiwan, insomma...
«Diciamo che maturando uno si rende conto che essere conservatori con è poi così male (ride, ndr). Ma del resto la stessa società taiwanese lo è: magari gli esponenti più in vista e le élite sono effettivamente liberal. Ma la gente comune, l’opinione pubblica è ben diversa...»
Eppure Taiwan è considerata un modello dai progressisti di tutto l’Occidente...
«Difendiamo valori comuni. La libertà e la democrazia. Ma vediamo con preoccupazione il fenomeno globalista. Qui politiche di accoglienza dei migranti come quelle che stanno rovinando l’Occidente sarebbero impensabili. E anche le comunità arcobaleno, persino in questo distretto, sono molto meno ideologizzate delle vostre. Siamo semplicemente tutti d’accordo quando si tratta di mostrare al mondo quanto sia corrotto e malvagio il Partito Comunista Cinese. Cosa che invece tanti progressisti occidentali non capiscono».
Musica per le orecchie di Donald Trump. Cosa vi convince di lui?
«È l’unico che sta cercando di portare a termine le guerre. Il messaggio che trasmette è che bisogna mettersi di traverso di fronte all’autoritarismo e bisogna essere pronti a combattere, ma allo stesso tempo bisogna cercare di evitare la guerra a tutti i costi».
La pace attraverso la forza, come la chiama il presidente Usa?
«Sì, noi taiwanesi ora che c’è lui dovremmo sentirci più al sicuro. La strategia del Pcc è quella di infiltrarsi pian piano e controllare Taiwan senza bisogno di una guerra, costringendo la società taiwanese ad arrendersi. Ma da quando Trump è stato rieletto c’è anche la sensazione che si possa creare un processo virtuoso di rafforzamento che possa scoraggiare il piano cinese».
È ciò su cui contavano anche gli ucraini impegnati nella guerra contro la Russia, ma ora si sentono abbandonati...
«I taiwanesi supportano l’Ucraina da sempre, abbiamo anche diversi volontari che sono andati lì a combattere. Ma Trump ha capito che un conflitto prolungato a Kiev finisce per indebolire gli Stati Uniti stessi. La guerra di logoramento ucraina, che gode del supporto esterno cinese, è un tranello con cui Pechino intende indebolire Washington e tenere gli Usa impelagati altrove. Ma attenzione, perché la strategia riguarda anche voi europei».
In che senso?
«L’Europa è totalmente focalizzata sulla minaccia russa, ma nel frattempo l’influenza cinese aumenta indisturbata. In Europa ma non solo, anche nell’Indo-Pacifico. Pensi alla Corea del Sud. Immagini se Pechino dovesse mettere le mani sulle tecnologie coreane e taiwanesi, diffuse in tutto l’Occidente, pensa che gli europei non ne verrebbero intaccati? Vi prego, svegliatevi, concentrate le energie nella lotta contro il vero nemico».