«Ad oggi non siamo minacciati da alcun intervento, né da parte del Fondo monetario internazionale, né della Banca centrale europea, né di alcuna organizzazione internazionale» ha scritto su X il ministro dell’Economia, Eric Lombard. Ma poche ore prima aveva detto l’opposto. Premettendo di «non voler fare politica della paura», non aveva infatti escluso un intervento da parte dell’Fmi in caso di caduta del governo guidato dal centrista François Bayrou. «Il rischio esiste», anche se è una possibilità che l’esecutivo «vuole e deve evitare».
Il punto però è che la tenuta finanziaria della Francia è appesa a un filo. L’8 settembre l’Assemblea nazionale si esprimerà sulla fiducia al controverso piano di risanamento, varato il mese scorso, che ha l’obiettivo di ridurre un deficit che ha raggiunto il 5,8% del Pil, quasi il doppio del limite Ue del 3%, attraverso 44 miliardi di euro tra tagli alla spesa e aumenti di tasse. Un pacchetto di misure osteggiato da quasi tutte le forze politiche, visto che non solo l’estrema destra del Rassemblement National, ma anche la sinistra radicale de La France Insoumise, gli ecologisti e i socialisti hanno già fatto sapere che voteranno contro. Il destino del bilancio proposto dal governo appare segnato: l’opposizione conta infatti 298 seggi all’Assemblea Nazionale, sopra la maggioranza assoluta di 289.
Il timore che la bocciatura della manovra possa scatenare una tempesta finanziaria in Europa si è diffuso ieri sui mercati. E a poco sono valse le rassicurazioni di Lombard: «La situazione delle nostre finanze pubbliche richiede calma e lucidità. Calma significa constatare che l’economia francese è solida, che la “firma” della Francia sui mercati è riconosciuta e che finanziamo il nostro debito senza difficoltà».
Oltre che sulle borse europee, che hanno chiuso in territorio negativo e con Parigi in rosso (-1,7%), trascinata dalle banche, la crisi politica francese si è fatta sentire soprattutto sui mercati del debito pubblico. Ormai lo spread trail decennale francese (Oat) e il Btp di pari durata, che fino solo due anni fa superava i 150 punti base (1,5%), si è praticamente chiuso. Ieri pomeriggio il differenziale di rendimento viaggiava sui 6,8 punti, il minimo storico, frutto di un aumento dei tassi sui titoli francesi (3,51%) e di una lieve riduzione dei tassi pagati dall’Italia (3,58%). Del resto, il sorpasso italiano era stato paventato dallo stesso Lombard. «Scommetto» aveva detto in mattinata, «che tra quindici giorni pagheremo il nostro debito più dell’Italia».
Il timore che aleggia sui mercati è dunque che la crisi politica, con le dimissioni di Bayrou, possa sfociare in uno stallo che non permetterebbe di affrontare il nodo dei conti pubblici, impedendo la discesa del deficit dal 5,8% del 2024 al 5,4% di quest’anno e al 4,6% del prossimo. Non c’è però solo il disavanzo fuori dai vincoli europei a preoccupare, ma anche il debito, in costante (e preoccupante) ascesa: 60 miliardi nel 2024, 66 quest’anno e 75 nel 2026.
Come ha detto Bayrou, «aumenta di 12 milioni di euro ogni ora». Un incremento che alimenta la crescita della spesa per interessi, che quest’anno dovrebbe attestarsi sui 66 miliardi di euro, più di quanto lo Stato spende per sanità e difesa. Si capisce dunque l’urgenza della manovra di risanamento da 44 miliardi (pari all’1,5% del Pil). Bayrou, tra l’altro, ha proposto di abolire due giorni festivi, congelare la spesa sociale e gli scaglioni di reddito su cui si calcolano le imposte nel 2026 ai livelli del 2025, senza adeguarli all’inflazione. E soprattutto di introdurre un “contributo di solidarietà” a carico delle fasce più abbienti.
Una proposta, quest’ultima, che Bayrou ha ribadito ieri, dicendosi pronto a chiedere «uno sforzo specifico» ai redditi più alti: «Le nicchie fiscali, che avvantaggiano principalmente le famiglie più abbienti e le grandi imprese, saranno eliminate ogni volta che saranno ritenute ingiuste e inutili». «Abbiamo 13 giorni per scegliere tra caos e responsabilità» ha dichiarato riferendosi al voto di fiducia fissato per l’8 settembre.
L’opposizione politica al piano di bilancio però rende probabile un naufragio di Bayrou, in carica da dicembre 2024. Se il primo ministro dovesse cadere, il presidente Emmanuel Macron si troverebbe a scegliere tra tre strade: nominare un nuovo premier capace di coagulare una fragile maggioranza; sciogliere l’Assemblea e indire elezioni anticipate (opzione preferita da Le Pen); oppure - ipotesi al momento remota rassegnare le dimissioni. In ciascuno scenario, i rischi sono enormi: un nuovo primo ministro si troverebbe davanti un Parlamento balcanizzato, le elezioni anticipate potrebbero rafforzare ancora di più il Rassemblement National, mentre le dimissioni presidenziali aprirebbero una crisi istituzionale senza precedenti nella Quinta Repubblica. Quello di Bayrou appare dunque un azzardo. Se dovesse fallire, la Francia si troverebbe in una fase di estrema incertezza politica. Con pesanti conseguenze sui mercati.