La Gaza che non ti aspetti: apre il Nutella cafè, supermercati pieni

di Andrea Morigidomenica 7 settembre 2025
La Gaza che non ti aspetti: apre il Nutella cafè, supermercati pieni

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Cibo a Gaza non ce n’è, tranne che nei tunnel di Hamas, ma se ne trova facilmente e in quantità anche sulle bancarelle, nei supermercati e nelle pasticcerie. Da poco è stato inaugurato anche uno scintillante punto vendita della Nutella (sebbene la Ferrero non c’entri) in un elegante centro commerciale nel quartiere Al Rimal di Gaza City. C’è pure l’indirizzo, visto che al fact-checker italiano David Puente risulta che il locale resti in via Ahmed Abd Al Azez.

Su Instagram sono già più di 20mila i follower non convertibili in clienti (un utente chiede: «Come sta andando il genocidio?»), ma pur sempre un bel successo per un’attività commerciale aperta solo la settimana scorsa. Dunque ci sono due Strisce.

Da un lato quella reale e fisica con palestinesi che trascorrono serenamente le loro giornate al bar, altri che vanno in spiaggia a riposarsi prima di andare a fare shopping in quartieri lasciati indenni dalla guerra. Dall’altra la rappresentazione fantasiosa che ne forniscono le agenzie, i media e le tv, un panorama dove c’è posto esclusivamente per fame, morte, rovina, distruzione.

Se ne fregano, i palestinesi, della propaganda sulla carestia e sulle morti per malnutrizione. Siccome gli aiuti arrivano, sarebbe un peccato sprecare tanto bendi Dio. Del Dio di Israele, a giudicare dalle scritte in ebraico sulle confezioni di biscotti, sulle buste di minestrone e sui sacchi di farina. È dal Cogat (Coordinamento delle Attività Governative nei Territori) di Gerusalemme, in coordinamento con organizzazioni internazionali, infatti, che arriva la maggior parte degli aiuti umanitari alla popolazione: in quasi due anni di guerra, hanno consegnato 2 milioni e 36.267 tonnellate di aiuti, di cui 2.018.561 trasportate su gomma, 9.710 per via marittima e 7.996 paracadutate dagli aerei militari. Hanno segnato tutto, non solo per rispondere alle accuse di affamare la popolazione.

Anche la Gaza Humanitarian Foundation ha continuato a trasferire cibo nella Striscia, malgrado i numerosi episodi di appropriazione indebita da parte di Hamas, che ha sottratto quanto era destinato ai civili e ha attaccato i siti di distribuzione, salvo poi accusare Israele e Ghf di essere responsabili della morte di oltre mille persone in questi luoghi. Semmai è il contrario, a sentire la denuncia di Saad Al Maschal, un ex preside di scuola della Striscia, riportata da un video diffuso da Israel National News, nel quale afferma che suo figlio è stato ucciso da Hamas mentre lavorava nei siti di distribuzione degli aiuti umanitari a Khan Younis. L’uomo accusa Hamas di aver abbandonato i residenti della Striscia, di aver rubato i loro beni e di aver violato gravemente la loro dignità. E grida: «Un incidente in cui 12 giovani sono stati uccisi — a quale Islam appartengono quegli assassini e criminali?! Il sangue dei nostri figli viene prima, prima dovete vendicare il sangue dei nostri figli. La nostra dignità è stata lesa, il denaro dei nostri figli è stato saccheggiato e rubato».

Per evitare il ripetersi di tragedie simili, il Cogat ha un nuovo meccanismo per l’ingresso controllato delle merci essenziali a Gaza. Il piano prevede una selezione di commercianti locali autorizzata a vendere beni di prima necessità, tra cui alimenti, prodotti per l’infanzia, frutta, verdura e articoli per l’igiene. Tutto da ispezionare ai valichi, per impedire il passaggio di armi ed esplosivo, mentre i pagamenti avverranno tramite bonifici bancari tracciati. L’obiettivo dichiarato è garantire un afflusso costante ma monitorato di prodotti di base, limitando al contempo l’appropriazione indebita da parte di Hamas, che poi magari rivende la refurtiva a prezzi esorbitanti per autofinanziarsi. Senza contare lo scandalo dei pallet di scatolame e viveri rimasti a marcire sotto il sole per giorni solo perché non arrivava il via libera delle Nazioni Unite per farli transitare dal confine dello Stato ebraico.

Gli invii della World Central Kitchen, per esempio, nelle due settimane dall’11 al 23 agosto, sono stati totalmente incamerati da bande armate o da cittadini che preferivano far spesa all’ingrosso, senza passare per gli intermediari.

Al Programma Alimentare Mondiale è andata leggermente meglio, con una percentuale di “intercettazioni” del 99,81%, mentre la Croce Rossa Internazionale è riuscita a salvare meno del 22% delle derrate. In luglio, erano spariti 1.055 camion pieni di materiale vario, pari a un carico totale da 13.200 tonnellate metriche, con un notevole progresso rispetto a giugno. Prima o poi i palestinesi sapranno di potersi fidare solo di Israele.