Sfrecciano scintillanti gli F-35 italiani sui cieli baltici, punta di diamante di un'armata quasi Brancaleone (chiedete in proposito a Crosetto) la cui pronta reazione, scrive Repubblica, ha evitato chissà quali incidenti coi Mig di Putin. Eppure c'era un tempo che la stessa Repubblica avrebbe forse gioito dell'abbattimento degli F-35 trovandoli come minimo inutili e costosissimi, perfino pericolosi se non dannosi e mal progettati. E così tutta la sinistra, che per la verità fu proprio quella parte politica che con D'Alema e Prodi ne votò la programmazione e l'acquisto ma che per opportunità politica del momento si è detta fermamente contraria al loro acquisto. Prendiamo Matteo Renzi ad esempio, che nel giugno 2012, commentando su Twitter (ora X) le misure annunciate dal governo Monti per contenere la spesa pubblica, si diceva d'accordo «nel chiudere i piccoli tribunali» ma non nell'acquisto dei cacciabombardieri Usa. Allora Renzi era sindaco di Firenze e diceva di continuare a non capire «perché buttar via così tanto sulle spese militari, a partire dalla dozzina di miliardi necessari a comprare i nuovi F-35". Anche basta, dai», chiosava il messaggio sbruffoneggiando.
Posizione che ovviamente poi cambiò radicalmente da premier, quando al cospetto di Barack Obama si dimenticò di parlarne sorvolando del tutto sul tema delle “inutili” spese militari. «Sugli F-35 si consuma una delle grandi Battaglie mediatiche che sono totalmente lontane dalla realtà dei fatti» disse poi a chi gli faceva notare la dimenticanza. Ma Renzi non era certo il solo All'epoca il segretario del Pd era Pierluigi Bersani che sul tema aveva le idee chiare: «Bisogna assolutamente rivedere e limitare le spese militari degli F-35 perché le nostre priorità sono altre. «Chi dice che togliendo gli F-35 si recuperano risorse per abbattere il cuneo fiscale, dimostra di non sapere come funziona il bilancio dello Stato». La maggioranza del Pd tuttavia la pensava come Bersani: «Una scelta non condivisibile» aveva detto Nicola Zingaretti che s'era anche fatto fotografare col cartello “Stop F-35”. E commentando le parole del suo segretario aveva sottolineato che «rivedere la spesa di 15 miliardi sulla caccia è un impegno importante. Bersani ha ragione, le priorità dell'Italia sono lavoro e sviluppo».
La quadra la trova in teoria Roberta Pinotti, allora sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa del governo Letta, che fissò un numero massimo consentito di F-35: «C'è una esigenza, essenziale, perché senza di quelli non funziona la portaerei, ed è di 15. Perché sono 15 quelli che servono se vuoi far funzionare una portaerei, ne abbiamo una ora». Gli F-35 tuttavia rimasero 90, che era già uno sconto ottenuto dal governo Monti rispetto ai 131 fissati da Prodi, e la Pinotti disse che i caccia non erano «né confermati né disdetti», senza che nemmeno lei forse sapesse cosa stesse dicendo. Ma quindi quanti F-35 sono arrivati alla fine? Ovviamente 90 e ci ha pensato qualche anno più tardi il governo dei Cinque Stelle, Pd e Italia Viva, tutti insieme appassionatamente, a rassicurare Trump, all'epoca al suo primo mandato. Un particolare non da poco, perché Renzi e piddini a parte, anche il Movimento 5 stelle è sempre stato contrario al progetto, tanto che nel programma elettorale del 2017 era perfino previsto il blocco degli ordini.
Qualche anno prima Di Maio aveva coniato il risibile epitaffio «meno F-35, più reddito di cittadinanza. Compriamo aerei inutili perché una parte dei componenti venga prodotta negli stabilimenti italiani per dare lavoro a fabbriche sull'orlo del baratro?» chiede il futuro ministro degli Esteri, sottolineando il costo elevatissimo che «non finisce nelle tasche degli operai bensì delle industrie belliche straniere, per non parlare dell'inquinamento che produce la sua fabbricazione (un altro costo)». Tuttavia una volta arrivati al governo Di Maio e Giuseppi Conte si sono resi conto che i contratti non possono essere stracciati così dall'oggi al domani, ci sono penali salatissime da pagare e alleanze fondamentali da onorare. «L'Italia verserà i 389 milioni per gli F-35, perché non è un Paese che si fa parlare dietro» disse la ministra della Difesa, Elisabetta Trenta. È il M5s che invece si fa parlare dietro: caduto il governo infatti i grillini sono tornati a essere contro gli F-35, opponendosi in questi giorni alla trasformazione dell'aeroporto di Trapani in un centro di addestramento per i piloti di tali cacciabombardieri.