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Il perdono della vedova può placare la sete di sangue

Suo marito aveva offerto la vita in sacrificio e ora la sua croce portata "fino alla fine" scuote il popolo americano. È la forza della riconciliazione che può cambiare il mondo
di Antonio Socci martedì 23 settembre 2025

4' di lettura

Erika Frantzve è una giovane donna: è stato ucciso l’uomo della sua vita, Charlie Kirk, 31 anni, padre dei suoi due figli piccoli. È una donna straziata dal dolore che domenica, davanti al mondo intero, ha descritto, con parole e lacrime, colui di cui era innamorata. Ha ricordato il pomeriggio del 10 settembre quando, in ospedale, ha potuto vedere «il corpo assassinato di mio marito. Ho visto la ferita che ha posto fine alla sua vita. Ho provato tutto ciò che ci si aspetterebbe di provare. Ho provato shock. Ho provato orrore. E ho provato un dolore che non sapevo nemmeno esistesse. Ma anche nella morte, potevo vedere l’uomo che amo». Ha raccontato quelle ore laceranti e ha aggiunto una considerazione che fa riflettere: «In questi ultimi dieci giorni mi sono state rivelate la misericordia e l’amore di Dio.

Dopo l’assassinio di Charlie non abbiamo assistito a violenze. Non abbiamo assistito a rivolte. Non abbiamo assistito a rivoluzioni. Invece, abbiamo visto ciò che mio marito ha sempre pregato di vedere in questo Paese. Abbiamo visto una rinascita. La scorsa settimana abbiamo visto persone aprire una Bibbia per la prima volta dopo un decennio. Abbiamo visto persone pregare per la prima volta da quando erano bambini. Abbiamo visto persone andare a una funzione religiosa per la prima volta in tutta la loro vita». Erika ha poi espresso un pensiero che rivela molto di suo marito: «Gesù disse: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Ha detto che sarebbe stato perseguitato. Ha detto che noi saremmo stati perseguitati. E Charlie lo sapeva, e ha portato felicemente la sua croce fino alla fine. E voglio che tutti voi sappiate questo: pur se Charlie è morto troppo presto, lui era pronto anche a morire».

Il senso di quello che Kirk faceva era molto più profondo di un semplice attivismo politico. La moglie ha spiegato: «Charlie desiderava ardentemente raggiungere e salvare i ragazzi perduti dell’Occidente, i giovani che sentono di non avere una direzione, uno scopo, una fede e una ragione per vivere. Gli uomini che sprecano la loro vita in distrazioni. Uomini consumati dal risentimento, dalla rabbia e dall’odio. Charlie voleva aiutarli. Voleva che trovassero una casa con Turning Point Usa. Quando andava nei campus, cercava di mostrare loro una strada migliore, una vita migliore che era lì a portata di mano. Mio marito, Charlie, voleva salvare i giovani proprio come quello che gli aveva tolto la vita».

IL CORAGGIO
A questo punto Erika si è commossa e ha sussurrato: «Quel giovane... Quel giovane... Sulla croce, il nostro Salvatore disse: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Quell’uomo, quel giovane, lo perdono. Lo perdono perché è quello che ha fatto Cristo. Ed è quello che avrebbe fatto Charlie. La risposta all’odio non è l’odio. La risposta, lo sappiamo dal Vangelo, è l’amore. Amare sempre. Amare i nostri nemici. Amare coloro che ci perseguitano. Il mondo ha bisogno che i giovani siano indirizzati verso la verità e la bellezza». Non ricordo una testimonianza così forte da anni. C’è molto da imparare per tutti. Il mondo potrebbe comprendere la rivoluzionaria forza del perdono che spezza di colpo la catena dell’odio. I cattolici e gli ecclesiastici (Erika è cattolica) dovrebbero imparare il coraggio della testimonianza dopo che hanno accolto tiepidamente il martirio di Kirk. E scoprire la religiosità che è cresciuta negli Stati Uniti. Invece di tante chiacchiere che inseguono l’agenda progressista diffondano questa testimonianza di un cuore spezzato e sanguinante.

Anche una studiosa, nata in un Paese musulmano («I am not Muslim anymore») che vive in nord America, è rimasta «profondamente commossa» dalle parole di Erika. Ha scritto: «Non riesco a immaginare la forza necessaria per alzarsi e pronunciare un discorso così significativo dopo aver perso l’amore della propria vita. Ma ancora di più la grazia necessaria per perdonare la stessa persona che ha distrutto il tuo mondo. Non riesco a immaginarmi su un palco, a inviare amore a coloro che hanno applaudito l’omicidio di tuo marito o a invitare altri a diffondere l’amore di Dio in risposta, perché, come ha detto lei, “non rispondiamo all’odio con l’odio”. Questa è una potenza che va oltre le parole. Ripeto, sono ignorante quando si parla di cristianesimo, ma se questo è ciò che esso incarna veramente, allora invidio coloro che riescono a provare quella sensazione».

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Domenica sera, ascoltando Erika Kirk, ho pensato che chiunque si sarebbe commosso davanti a una donna che in lacrime perdona chi ha ucciso suo marito, e lo perdona senza che ci sia stato un pentimento e una richiesta di perdono, quindi incondizionatamente. Mi sbagliavo. Infatti ho riportato le parole Erika su un tweet e ho aggiunto: «E questi - secondo certa gente - sarebbero quelli che istigano all’odio.... Vergognatevi!». Credevo che il perdono di Erika avrebbe fatto riflettere chi, in questi giorni, ha attribuito l’odio a Kirk e ai suoi. Ma il mio tweet è stato sepolto da una quantità di commenti terribili. Sono rimasto sconcertato. Mi chiedo se veramente una parte del nostro Paese sia così. Spero di no. Ma se questa è la situazione è arduo trovare una base di dialogo. Vorrebbe dire che lo “scontro di civiltà” è qui, ce l’abbiamo in casa. Forse non è così. Comunque dovremo imparare da Charlie ed Erika: bisogna avere un’invincibile fiducia nel confronto razionale con tutti e nella capacità della verità e dell’amore di far breccia nei cuori e nelle menti. Anche dei più ostili.

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