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Zuckerberg copia Musk e il Pd impazzisce: "L'Europa deve multare Facebook"

di Pietro De Leo sabato 11 gennaio 2025

2' di lettura

In questo mondo che gira come un carillon capita che i riposizionamenti avvengano alla velocità della luce. E così la sinistra, qui e là, incassa male il tradimento di quella silicon valley che finora aveva carezzato e coccolato. Il punto di rottura è stato l’annuncio di pochi giorni fa da parte di Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook. Il tycoon ha dichiarato che “«è ora di tornare alle radici della libera espressione» per il social.

Così dopo più di otto anni verrà abbandonato il programma di fact checking per contrastare il circolare di fake news e sarà adottato, come già in vigore su X, il social di Elon Musk (nell’immaginario una sorta di contraltare anche culturale di Zuck), quello basato sulle “Community Notes”. Cioè mentre prima erano delle organizzazioni o dei soggetti indipendenti dediti al fact checking a segnalare i contenuti fasulli o disinformanti, ora saranno gli utenti a indicarli. Un cambiamento percepito dagli osservatori (non a torto) come una giravolta in orbita trumpiana, visto che il prossimo presidente degli Stati Uniti ha fatto del contrasto alla censura social e al politicamente corretto uno dei suoi punti qualificanti.

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All’inizio, la rimozione del sistema di fact checking (che riguarda anche Instagram) coinvolgerà soltanto gli Stati Uniti. E però, scavallando l’Oceano, c’è già chi muove immediata reazione. E' l’eurodeputato e responsabile diritti del Pd Alessandro Zan, che si è fatto promotore di un’iniziativa presso la Commissione Europea.

«Ho inviato una lettera, firmata in modo trasversale da colleghi appartenenti a diversi gruppi politici, alla vicepresidente esecutiva della Commissione Europea, Henna Virkkunen», ha annunciato. In questa missiva «chiediamo che vengano presi seri provvedimenti rispetto alla recente decisione di Meta di eliminare le restrizioni riguardanti la diffusione di ‘fake news’ e discorsi d’odio, per tutelare le istituzioni europee, le sue leggi e i cittadini dell’Ue».

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Zan, illustrando la missiva, la butta sul cataclismatico: «Questa revisione rappresenta un grave rischio per la sicurezza dei cittadini europei, un pericolo democratico e un attacco inaccettabile alle istituzioni dell’Unione Europea. Si tratta di una violazione che richiede una reazione forte e decisa da parte della Commissione per contrastare lo strapotere delle grandi piattaforme digitali. Nella lettera», aggiunge, «chiediamo alla Virkkunen di agire contro la diffusione di contenuti illegali e d’odio, al fine di assicurare spazi sicuri e salvaguardare la libertà di espressione nel pieno rispetto delle leggi comunitarie».

Sempre in tema, qualche settimana fa, il collega di Zan, Sandro Ruotolo, durante una plenaria ha preso posizione contro l’ex Twitter: «X dovrebbe essere messa sotto stretta osservazione perché il suo proprietario, Musk, non è più un semplice privato cittadino, ma è anche un soggetto politico perché ha un ruolo nell’amministrazione Trump. L’Ue deve prenderne atto». E' un racconto che testimonia una nemesi per la sinistra: un decennio fa e oltre sembrava più in grado di capitalizzare il consenso attraverso l’utilizzo del web e dei social (basti pensare a Barack Obama o alla prima fase di Matteo Renzi). Oggi, invece, li temono.

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