Il 5 maggio 2025 Skype chiude, per sempre. A sostituirlo sarà Teams, la piattaforma di comunicazione unificata della big tech Microsoft di Bill Gates. Una fine ingloriosa perla società europea, che ha segnato la rivoluzione delle video telefonate intercontinentali gratuite. Erano i primi anni Duemila, la generazione X - quella dei nati negli anni Settanta e Ottanta e cresciuta con le audiocassette e senza cellulari - finiva l’Università e iniziava a lavorare. Gli smartphone erano lontani dall’entrare nelle nostre vite, e anche i social.
La crisi mondiale conseguente all’attentato alle Torri Gemelle aveva già incupito gli animi, ma il mondo sognava ancora di ridurre le distanze con i viaggi aerei low cost, e le video chiamate a parenti, amici e colleghi lontani. Nato in Europa, più precisamente in Svezia e Danimarca, Skype è diventata velocemente una delle applicazioni più scaricate sui pc, sia per un uso più domestico, sia per un utilizzo professionale. Da un punto di vista della storia dell’imprenditoria europea, Skype ha rappresentato il simbolo della capacità dell’ecosistema Ue di creare startup di successo, ma anche delle difficoltà nell’accompagnare questi progetti verso la crescita e la maturità.
«Se oggi nascesse una nuova Skype, probabilmente incontrerebbe gli stessi ostacoli di venti anni fa», spiega Enrico Noseda, Chief Innovation Advisor di Cariplo Factory e in passato Global Head of Product Business Development di Skype, «le piccole e medie imprese europee devono affrontare ancora difficoltà enormi, come l’accesso limitato ai finanziamenti, una normativa frammentata e la scarsità di investitori disposti a scommettere su startup innovative».
La storia di Skype comincia nel 2003 grazie ai due imprenditori europei, Niklas Zennström e Janus Friis, che un giorno si alzano e decidono di realizzare una grande rivoluzione: rendere gratuite le chiamate telefoniche, in tutto il mondo, per tutti. Un'idea che avrebbe cambiato radicalmente il panorama delle comunicazioni globali. Come ricorda Noseda, che lavorava nell’azienda fin dal 2006 come General Manager per l’Italia, «in quegli anni, Skype ha permesso a milioni di migranti, studenti e ricercatori di rimanere in contatto con le loro famiglie, eliminando le barriere economiche delle chiamate internazionali».
Con la sua tecnologia basata su un sistema di peer-to-peer, Skype è riuscito ad abbattere i costi delle chiamate internazionali, portando milioni di utenti a utilizzare il servizio quotidianamente. A testimonianza della sua espansione, «oltre diecimila download nel primo giorno e più di 660 milioni di utenti attivi dopo pochi anni», racconta Noseda. Tuttavia, nonostante questi numeri impressionanti, Skype ha incontrato difficoltà nel passaggio a una strategia mobile-first, necessario per affrontare le sfide di un mercato in continua evoluzione. In particolare, la sua vendita nel 2005 a eBay e successivamente a Microsoft nel 2011 per 8,5 miliardi di dollari ha segnato l’inizio di un declino che ne ha ridotto progressivamente l’innovazione. «Le acquisizioni rapide e i cambi di proprietà, senza un orizzonte strategico chiaro, hanno frenato l’evoluzione di Skype», afferma Noseda. «Il passaggio da un prodotto rivoluzionario a uno strumento di guadagno immediato non ha consentito di sfruttare appieno il vantaggio tecnologico accumulato».
E in qualche modo, si può dire che già con Skype l’Europa ha perso il treno delle Big Tech. Il percorso di Skype, infatti, è emblematico di un problema che l’Europa non è riuscita ancora a superare: la difficoltà di mantenere grandi aziende tecnologiche nel continente. Come spiega Noseda, «se Skype fosse rimasta europea, avrebbe potuto diventare la prima vera Big Tech del continente, con un impatto profondo sull’ecosistema digitale del Vecchio Continente».