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Beppe Severgnini difende Cesare Prandelli: "E' uscito con onore"

di Andrea Tempestini domenica 29 giugno 2014

2' di lettura

Per Cesare Prandelli scende in campo Beppe Severgnini. Entrambi lombardi (il primo di Orzinuovi, Brescia, il secondo di Crema). Pressoché coetanei (il primo del 1957, il secondo classe '56). Legati da una vecchia amicizia: Cesare e Beppe andavano allo stesso liceo, a Crema: l'ormai ex Ct allo Scientifico, il giornalista al Classico. Vecchi amici, dunque, e così Severgnini, dalla prima pagina del Corriere della Sera, sceglie di difendere l'indifendibile. Ricorda le "medaglie" di Prandelli, argento europeo nel 2012 e bronzo nella Confederations del 2013. Dunque passa a commentare le dimissioni: "Un gesto certamente dignitoso, probabilmente inevitabile, di cui dovremmo imitare il garbo e la misura". Un gesto dovuto, semmai, e il cui garbo è discutibile: Prandelli ha denunciato un assedio mediatico che ha visto soltanto lui e si è difeso dall'accusa di non pagare le tasse, che nessuno gli aveva mai mosso. Nessuna scusa, da parte dell'ex Ct, per aver lasciato a casa chi forse qualcosa in più poteva dare (Giuseppe Rossi e Mattia Destro giusto per fare due nomi - non - a caso) e per aver messo in campo chi invece non aveva nulla da dare (Cassano, Balotelli, Thiago Motta...). Certo, Prandelli ammette: "E' fallito il mio progetto tecnico e me ne prendo le responsabilità". Ma prendersi le responsabilità, forse, in certi casi, è troppo poco. Uniche squadre possibili - Severgnini, nel suo articolo di fondo, minimizza: "E' fallita una Nazionale, non una nazione". Secondo Beppe, "Prandelli, in quattro anni, ha messo in piedi l'unica squadra italiana capace di giocarsela all'estero: esce con onore". In verità, di "onore", in questa eliminazione mondiale se ne vede ben poco, anzi pochissimo: un'umiliazione, e l'arbitro Moreno è certo una ragione della debacle, ma se siamo già a casa la responsabilità non è sua. Anche sull'idea di "unica squadra capace di giocarsela all'estero" i dubbi sono parecchi: non ce la siamo giocata con nessuno, eccezion fatta per la derelitta Inghilterra, che chiude il peggior mondiale della sua storia con un misero punticino. "Unica squadra possibile", poi? Possibile? Possibile che l'unica squadra possibile sia una squadra senza idee, senza gambe, senza gioco e senza attaccanti di peso? Possibile che l'unica squadra possibile sia una squadra dove, subito dopo il ko, esplodono i veleni e i rancori, una squadra che rivela uno spogliatoio spaccato? Eppure per Severgnini va bene così: "Abbiamo perso: succede". "Se la vittoria è collettiva - prosegue - la sconfitta è individuale. Ieri ser l'Italia era percorsa da tante, piccole, inconfessabili elaborazioni del lutto sportivo. Accettiamolo, senza tragedie, come ha fatto Cesare Prandelli". Un ulteriore elogio all'ex Ct, che di elogi, oggi, non ne dovrebbe incassare.

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