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Silvio e Ruby: un altro processoIl Cav va indagato per corruzione

di Nicoletta Orlandi Posti sabato 30 novembre 2013

3' di lettura

La persecuzione della magistratura nei confronti di Silvio Berlusconi non conosce tregua. I giudici di Milano che hanno condannato Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora nel processo Ruby bis, hanno deciso che il Cav va indagato per corruzione in atti giudiziari.Insieme con lui, il Tribunale ritiene si debba procedere anche nei confronti delle ragazze che parteciparono alla riunione convocata dal Cavaliere ad Arcore il 15 gennaio 2011 e dei suoi legali Piero Longo e Niccolò Ghedini. Così i giudici della quinta sezione penale, presieduti da Anna Maria Gatto, spiegano nelle motivazioni depositate oggi la trasmissione degli atti alla Procura per valutare le posizioni di Berlusconi, Longo, Ghedini e delle ragazze che parteciparono alla riunione. "Tutti i soggetti partecipanti alla riunione e quindi anche tutte le ragazze - si legge nelle motivazioni - sono gravemente indiziati del reato di cui all’art.319 ter: le giovani donne che poi rendevano false testimonianze (il reato di falsa testimonianza concorre col reato di corruzione in atti giudiziari) in qualità di testimoni e, quindi pubblici ufficiali, ricevevano denaro e altre utilità, sia prima che dopo avere deposto come testimoni; Berlusconi in qualità di soggetto che elargiva denaro e altre utilità; gli avvocati Longo e Ghedini in qualità di concorrenti per aver partecipato, nella loro qualità di difensori di Berlusconi alla riunione del 15 gennaio 2011". Un bonifico mensile di 2.500 euro, e in qualche caso anche di più, per testimoniare a favore di Berlusconi nel cosiddetto processo Ruby 2. E’ questo il quadro tratteggiato dai giudici di Milano nelle motivazioni della sentenza di  primo grado che ha portato alla condanna di Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora. I giudici ricordano come nella riunione del 15 gennaio 2011, successiva alle perquisizioni scattate nei confronti delle Olgettine, Berlusconi "convoca presso Arcore una riunione alla quale parteciparono i suoi avvocati, Ghedini e Longo, con tutte le ragazze per parlare della 'questione'". Dopo quell'incontro "tutte le ragazze, testimoni del nostro processo -scrivono i giudici-, iniziavano a percepire almeno la somma di euro 2.500 al mese ciascuna, a tempo indeterminato". Chiunque riceveva questa somma rendeva al processo dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, anche con l’uso di "linguaggio non congruo rispetto   alla loro estrazione culturale; in particolare si noterà la ricorrenza, nelle deposizioni delle testimoni in esame, di nomi, terminologie, fraseggi identici tra loro". Non solo: "a precisa   domanda -scrivonoa conferma del loro ragionamento i giudici- alcune non sapevano riferire il significato delle parole e delle frase  utilizzato". Dichiarazioni "dirette a favore di Berlusconi" e degli altri   imputati. Un pagamento che il pm non ha esitato a definire anomalo e   che nonostante le ragazze lo definiscano un risarcimento per i danni mediatici provocati risulta per i giudici "un pretesto non verosimile". Anche Ruby indagata - Dalle motivazioni del processo a carico di Fede, Mora e Minetti emerge anche che, oltre che per corruzione in atti giudiziari, Ruby dovrebbe essere indagata anche per falsa testimonianza e indebita propagazione di notizie. Il primo reato si riferisce al fatto che Luca Giuliante, il primo avvocato della giovane marocchina, apprese da Ruby informazioni relative alle sue deposizioni davanti ai pm milanesi, notizie che poi divulgò ad altri. "In relazione a questo fatto - spiegano - si è disposta la trasmissione degli atti alla Procura per quanto attiene alla condotta tenuta da Giuliante, Karima ed eventualmente altri soggetti che a tale indebita propagazione di notizie abbiano concorso". Inoltre, i giudici ipotizzano per Ruby l’accusa di falsa testimonianza, per le "bugie" che avrebbe raccontata durante la sua testimonianza in aula.  I burattinai del Bunga bunga - I giudici milanesi sostengono inoltre che che Emilio Fede e Lele Mora "intrattenevano rapporti finalizzati a selezionare e procurare donne che potevano incontrare i gusti di Silvio Berlusconi e a organizzare e-o facilitare l’incontro di queste con l’ex premier". In pratica il ruolo dell’ex direttore del Tg4 era quello di "burattinaio dell’operazione", "come risulta persino dal tenore dei colloqui dai quali traspare con tutta evidenza la deferenza di Mora nei suoi confronti". Deferenza, scrivono ancora i giudici, "desumibile dalle modalità che questi adottava nel rivolgersi all’interlocutore ad esempio dandogli del lei, mentre Fede gli dava del tu, e dalla prontezza con cui rispondeva alle sue richieste e sollecitazioni usando ripetutamente espressioni del tipo 'si, direttorè, 'certo, direttore', 'provvedo subito, direttore'" così come "traspare", "anche il diverso spessore dei due compari".

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