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Mps, i rapporti tra Pd e i banchieri

di Lucia Esposito domenica 27 gennaio 2013

3' di lettura

di Tommaso Montesano Il caso Monte dei Paschi di Siena? «Il Pd non c’entra un tubo di niente», ribadisce Pier Luigi Bersani. Anzi, dice Massimo D’Alema, «il Pd non si è mai occupato del Monte dei Paschi». E questo perché «Monte dei Paschi non è mai stato un punto di riferimento del nostro partito». La senese Rosy Bindi garantisce: «Sono personalmente da esempio di come politica e sistema bancario debbano essere nettamente separati. Non ho mai avuto voce nelle scelte della banca». Tra i democratici è un coro: i guai di Rocca Salimbeni non ci riguardano. Certo è vero, concede D’Alema, che la «Fondazione Mps è posseduta dalle istituzioni locali senesi» (tutte espressioni del Pd), ma «il sindaco di Siena e il presidente della provincia se ne sono occupati negli anni perché era un loro dovere istituzionale». E comunque se l’hanno fatto, se hanno messo becco nelle vicende della banca, è stato sempre e solo a fin di bene. L’ex sindaco Franco Ceccuzzi, ricorda sempre D’Alema, ha sostituito Giuseppe Mussari proprio un anno fa: «La Fondazione ha provveduto a cambiare completamente la governance della banca, quindi si dovrebbe anche lodare da questo punto di vista...». Insomma, altro che critiche: il Pd, semmai, va applaudito. Così ha vita facile Angelino Alfano, segretario del Pdl, nel prendersi gioco degli avversari: «Il Pd non si comporti come un marziano che arriva ora da Marte».  La colpa è esclusivamente del management. Di quel Mussari con il quale i vertici del Pd, da Bersani a Walter Veltroni, passando per Stefano Fassina ed Enrico Letta, facevano a gara nel farsi fotografare, come testimoniano le immagini che pubblichiamo. «Il Pd non si occupa di banche, noi facciamo politica», fa muro il segretario. Bersani ostenta sicurezza: «In noi c’è preoccupazione, ma non c’è nessun imbarazzo». «Ci sono soprattutto responsabilità di chi ha diretto l’istituto», gli dà manforte Bindi. Fassina, responsabile economico del partito, è come sempre il più diretto: «Questa vicenda nasce dalle scelte dei manager e sarà la magistratura ad accertare se sono state corrette o meno. Non c’è alcuna matrice politica». Affermazioni che provocano la dura reazione di Rivoluzione civile, il movimento di Antonio Ingroia: «Fassina ha le idee molto confuse. Dire che il suo partito non c’entra nulla significa solo tentare di nascondere, forse per la vergogna, i servizi che la politica ha reso alla banca guidata da personaggi del calibro di Profumo e Mussari».  Eppure al festival della negazione si unisce anche lo stesso ex sindaco Ceccuzzi, legato a Mussari da una lunga amicizia (è stato testimone di nozze del banchiere): «Le sue dimissioni dalla presidenza dell’Abi sono un atto dovuto». Quel Ceccuzzi che mentre del 2007 commentava l’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps con gioia («Mps ha trovato la sua anima gemella»), oggi cade dalle nuvole: «Ho appreso dell’acquisto di Antonveneta dalle agenzie, quando stavo rientrando da Roma dove ero deputato. Non ero al corrente della trattativa». Anzi, lui Mussari non lo vede «da un po’ di tempo. Dica la sua e dia spiegazioni per difendersi».   Guarda la gallery che dimostra i rapporti tra Mps e il Pd  

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