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ULTIMATUM DI SILVIO:"Altre 48 ore"Letta avvertito

La sinistra allenta il pressing per la decadenza: le colombe e il Colle suggeriscono le dimissioni e poi la commutazione della pena. Pure Marina concorda. Ma il governo resta in bilico
di Andrea Tempestini domenica 15 settembre 2013

3' di lettura

Altra frenatona. Il governo non cade ma resta in bilico. Fino al prossimo ultimatum. A fine giornata risulta decisiva la mediazione del presidente del Consiglio Enrico Letta. Che, dopo un giro di telefonate e un incontro con Guglielmo Epifani, riesce a frenare i falchi del Partito democratico. Con questo risultato in tasca il premier vede Angelino Alfano e gli altri ministri del Pdl. A loro tocca poi la difficile impresa di calmare Silvio Berlusconi, già in partenza per Roma con l’obiettivo di tornarsere a casa con lo scalpo del primo ministro.  E invece. Come se lunedì niente fosse successo: tutt’altro atteggiamento da parte dei senatori democratici in Giunta per le elezioni, disponibilità a discutere e ad approfondire. Altra musica anche dal Pdl: viene rinviata la riunione dei gruppi parlamentari azzurri, quella che avrebbe dovuto ratificare la fine delle larghe intese. Democratici e azzurri: stanno tutti accampati sull’orlo del baratro. Perché il caso non è chiuso.  La pistola rimane sul tavolo. Il Pd leva il turbo ma rimane intenzionato a votare la decadenza di Berlusconi da senatore. E Silvio non intende rimanere un giorno al governo con chi lo dà in pasto alle procure. Dunque la sensazione che si respira a Palazzo è che l’impatto è stato solo rinviato di qualche giorno. A meno che... E qui si entra nel reame della trattativa e della exit strategy, luogo in cui ancora ieri erano molto attivi il Quirinale e le colombe di entrambi gli schieramenti. Dal Colle è stata offerta di nuovo una soluzione al Cavaliere per uscire da questa storia, un  lodo che  ieri aveva anche l’avallo di Palazzo Chigi. Il piano è che Silvio si dimetta senza costringere il Senato a votare la sua decadenza, cosa che porterebbe inevitabilmente alla rottura tra Pdl e Pd. Poi, scontati i primi giorni ai domiciliari, l’intervento del Capo dello Stato con la commutazione della pena. Un’azione - gliel’hanno presentata così - tale da riabilitare la sua immagine pubblica. Non solo le colombe, ma anche la figlia Marina e gli altri  manager delle aziende di famiglia insistono perché il Cavaliere accetti questa soluzione per uscire a testa alta dall’impegno politico, piuttosto che imbarcarsi in una nuova battaglia dagli esiti incerti.  Il guaio è che Berlusconi non si fida dei suoi interlocutori. Napolitano, Letta, il Pd. Ci vede dietro l’ennesima fregatura: «Non mi fido di quella gente lì», continua a ripetere. Eppoi gli altri processi, le altre inchieste? D’altro canto, Silvio sa che far cascare il governo in questa situazione sarebbe una bella responsabilità da prendersi. Insomma è molto incerto sul da farsi. Oltretutto Letta ha già fatto sapere a Berlusconi che, perso il sostegno dell’ex premier, non si dimetterebbe, ma andrebbe al  Senato per vedere se ha ancora in numeri. A verificare cioè   se davvero tutto il Pdl è compatto sulla linea berlusconiana.  Nel dubbio l’ex presidente del Consiglio si prende ancora 48 ore per decidere e per vedere quali segnali arrivano dalla Giunta per le elezioni del Senato. Intanto torna a girare in Transatlantico anche l’ipotesi delle dimissioni dei ministri del Pdl, che continuerebbe a sostenere il governo con l’appoggio esterno. Ma molti azzurri lo considerano solo un modo per prolungare l’agonia. di Salvatore Dama

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