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Di Pietro, Craxi e Napolitano: così Tonino graziò Re Giorgio

Oggi il leader Idv attacca il presidente e il Pci, ma nel 1993 da pm preferì indagare solo su Dc e Psi
di Giulio Bucchi domenica 12 agosto 2012

2' di lettura

di Filippo Facci La frase di Craxi, testuale, fu ritrasmessa integralmente da Annozero solo due anni fa, nel gennaio del 2010. Eccola. «Sarebbe come credere che il presidente della Camera. Giorgio Napolitano, che è stato per molti anni ministro degli Esteri del Pci, non si fosse mai accorto del genere di traffico che avveniva sotto di lui, tra i vari rappresentanti e amministratori del Pci con i Paesi dell’Est».  Fu pronunciata durante il processo Cusani - non Enimont, come ha detto Di Pietro nella sua intervista a Oggi - ed erano le 17 del 17 dicembre 1993. Quel giorno rimase memorabile anche per l’interrogatorio mattutino di Arnaldo Forlani (quattro ore: fu strapazzato per via della sua palese reticenza) ma nel pomeriggio, appunto, s’intuì che sarebbe stato un pomeriggio speciale. Di Pietro, che era il pm, cercherà di giustificare la sua docilità spacciandola come strumentale ai suoi obiettivi istruttori: cioè far parlare Craxi. Ma negli anni successivi si sarebbe ben compreso come Di Pietro potesse anche temere le sortite di un uomo che di lui sapeva molte cose: qualsiasi cosa avesse detto Craxi, in ogni caso, quel giorno l’avrebbe detta davanti a milioni di persone. Di Pietro lo sapeva. Sta di fatto che non gli fece neppure una domanda vera e formulata fino in fondo, acconsentendo ogni volta di farsi interrompere con ripetuti «mi consenta di chiarire un punto». Craxi disse tutto ciò che voleva. Parlò delle cooperative rosse (e Tonino: «Ecco, è importante anche questo») e spiegò che la Montedison non pagava solo il Psi (e Tonino: «È vero, è vero... ce l’hanno riferito in parecchi»). Incapace di distinguere tra verità e verità processuale, il leader socialista ruggì a piacimento: tirò in ballo Gardini, Spadolini e La Malfa. E Napolitano, che peraltro era già stato coinvolto indirettamente perché a Milano avevano arrestato tutti i suoi uomini (la mitica corrente migliorista, detta «pigliorista») tanto che lo stesso Craxi aveva scelto anche Napolitano tra i soggetti di alcuni suoi quadri della serie «Bugiardi ed extraterrestri», opere a metà tra la satira e l’arte concettuale. Leggi l'articolo integrale di Filippo Facci su Libero in edicola oggi, mercoledì 5 agosto

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