di Silvia Gilioli Il tribunale nazionale accoglie la richiesta della procura antidoping del Coni e sospende subito Alex Schwazer. Per la positività all’epo il marciatore sarà giudicato dal Tna. Domani il caso sarà esaminato dalla disciplinare del Cio: gli incartamenti passeranno alla Iaaf e poi alla Fidal, per arrivare al tribunale nazionale antidoping. La Iaaf può allegare una richiesta di sanzione: la prima per epo è di due anni ma è raddoppiabile, in base al regolamento Wada. Se provata, la frequentazione con il medico del ciclismo Michele Ferrari può aggravare la pena di 3-6 mesi. Si parte quindi da un minimo di 2 anni di stop, per un massimo di 4 anni e mezzo. Il campione altoatesino ci rimetterà quasi un milione di euro, considerati i contratti pubblicitari. Oggi a mezzogiorno Schwazer terrà una conferenza stampa a Bolzano per spiegare la vicenda. Sono tre le procure che lo hanno messo nel mirino: Padova, Bolzano e la procura militare, che ha aperto un fascicolo conoscitivo visto che Schwazer faceva parte dell’arma dei Carabinieri (da cui è stato espulso). Il Coni aveva escluso dai Giochi il ciclista Pozzato, per la frequentazione proprio con il dottor Ferrari: «Sono stato trasparente - spiega il corridore -. Avessi negato, sarei stato il capitano azzurro. Mi hanno precluso un sogno». «In tutti gli sport dove c’è giro di quattrini è uguale... », scrive su twitter Riccardo Riccò, squalificato per 12 anni dal Tna per l’autoemotrasfusione. Mario Pescante, membro del Cio, definisce l’atto di Schwazer infame: «Almeno non ha accampato scuse, parlando di bistecche o shampoo, come alcuni calciatori. Alex era una immagine pulita, ora però smettiamo di definirlo un colpo per lo sport italiano: gli americani non fanno lo stesso per la positività di Armstrong, neanche gli spagnoli nei loro casi». Abdon Pamich ha 78 anni, fu oro nella 50 km di marcia a Tokio ’64, è psicologo e sociologo: «Schwazer paga un momento di debolezza - spiega -, non ha retto il peso delle responsabilità. Ti droghi perché hai perso l’autostima, forse ha vinto troppo presto. Dopo l’oro di Pechino, non si divertiva più: tv, sponsor, pressioni della fama. Lo incontrai due anni fa agli Europei: era disperato, nonostante il secondo posto».