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Il tour in cerca di pentiti anti-Cav

Lumia (Pd) e Alfano (Idv) vanno in galera e provano a far pentire Provenzano. Guarda caso, i parlamentari chiedono che i mafiosi dicano la verità in una sola direzione...
di Giulio Bucchi domenica 12 agosto 2012

3' di lettura

  di Filippo Facci Da pazzi. Ci sono due parlamentari che vanno in giro per le carceri a chiedere a vari mafiosi (tipo Bernardo Provenzano, per capirci) di confessare una determinata «verità» che tu guarda, li vedrebbe nella posizione ideale per accusare Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Questi parlamentari sovralimentati si chiamano Giuseppe Lumia (senatore Pd) e Sonia Alfano (europarlamentare Idv) e in pratica stanno facendo un tour delle varie galere promettendo benefici e tirando in ballo i figli dei galeotti e aprendo la strada ai vari Ingroia e magistrati vari. Il dettaglio è che la legge non permette niente del genere: ai parlamentari è permesso di entrare nelle carceri per verificare le condizioni di detenzione dei detenuti, non certo di svolgere autentici colloqui investigativi che spetterebbero solo al procuratore nazionale antimafia e alla polizia giudiziaria e ai magistrati autorizzati dal Guardasigilli. Il giornalista del Corriere della Sera Giovanni Bianconi, tuttavia, ha letto le relazioni sui vari colloqui e ha scoperto che i due parlamentari hanno fatto tutt’altro. Il 26 maggio sono andati a Parma e hanno chiesto a Bernardo Provenzano di collaborare coi magistrati: in cambio, ai figli dell’anziano boss,  «lo Stato avrebbe potuto garantire un avvenire». Provenzano, invano, ha chiesto ai due cinici parlamentari di poterli almeno vedere, i figli: ma i due, qualche giorno dopo, invece della prole gli hanno spedito i magistrati della Procura di Palermo, e il tutto - notare - senza la presenza di un avvocato. C’è da dire che Lumia & Alfano non hanno ottenuto granché, ragione per cui i parlamentari sono tornati alla carica il successivo 4 luglio, questo dopo che a Provenzano era stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini per l’omicidio Lima e per la supposta trattativa Stato-mafia. I responsabili della polizia penitenziaria, intanto, annotavano tutto, compresi i reiterati tentativi di ricordare gli «strumenti della legge» che potrebbero migliorare la vita dei figli di Provenzano: sempre che, beninteso, frattanto ci sia l’impegno a «fare uscire una volta per sempre la verità». Il boss, anche nel secondo colloquio, ha insistito ancora sui suoi figli, ma i parlamentari hanno ribadito il loro niet: tuttavia potevano sempre discuterne coi «magistrati seri e trasparenti» che indagano sui fatti di mafia. Va ricordato che Provenzano, afflitto da un tumore terminale alla vescica e da una palese demenza senile, è sottoposto al regime di 41bis con l’aggiunta del 14 bis: un isolamento come neanche il Papillon di Steve McQueen.  Ma non c’è solo Provenzano. I due parlamentari, sorta di ambasciatori di procura, sempre nel maggio scorso ci hanno provato pure con Filippo Graviano (intermediario tra Berlusconi e Cosa Nostra, secondo il pentito Nino Giuffrè) e con Francesco Bidognetti (capo-camorrista dei Casalesi) e infine con Antonino Cinà (medico mafioso pure lui imputato per la presunta trattativa). Risultati, nessuno. Graviano non ha detto una parola. Bidognetti ha fatto una requisitoria contro lo Stato - ha detto - che crede ai pentiti anche in assenza di riscontri: e proprio tutti i torti non li aveva. Cinà ha affermato che Cosa Nostra è stata sconfitta con l’arresto di Riina: e tutti i torti non li aveva neanche lui. Nel pomeriggio di ieri, poi, tra una polemica e l’altra, sono giunte le incredibili reazioni dei due citati parlamentari dopo l’articolo di Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera. Giuseppe Lumia si è difeso e ha detto che tutti i parlamentari dovrebbero fare come lui: cioè dei tour di pressione psicologica e investigativa sui detenuti - senza gli avvocati - che favoriscano una successiva visita dei magistrati. Sonia Alfano invece è andata oltre - come al solito - e ha detto che gli articoli come quello di Bianconi mettono a repentaglio la sua vita e potrebbero far parte dell’obiettivo di comunicare ai boss che non devono collaborare: questo a margine di «una trattativa che evidentemente prosegue ancora oggi». Con lo psichiatra, forse.  

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