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La "legge Sallusti" darà i giornali in mano ai giudici

L'idea dei politici per riformare la norma sulla diffamazione è di inserire radiazioni e multe da migliaia di euro. Ovvero la ricetta perfetta per ricattarci e impedirci di fare il nostro lavoro
di Lucia Esposito domenica 21 ottobre 2012

4' di lettura

Maurizio Belpietro Spesso in questi giorni ci siamo chiesti come i partiti reclutino la loro classe dirigente. In particolare ce l’eravamo presa con il Pdl, colpevole di aver arruolato e promosso sul campo un tipaccio del calibro di Franco Fiorito, capogruppo al consiglio regionale del Lazio beccato con le ostriche e i milioni in mano. Ma a ben vedere l’esclusività del malaffare non è del Popolo della Libertà, perché ladroni e trafficoni sono distribuiti equamente in tutti gli schieramenti, a cominciare da quelli che della questione etica ne hanno fatto una bandiera.  Certo, sotto il tetto dei moderati si è riunita una masnada di personaggi dalla dubbia moralità, che raramente si era vista radunata tutta insieme. A parte il succitato Fiorito e quei consiglieri abituati a fare la cresta sulla nota spese facendosi rimborsare con soldi pubblici chilometri mai percorsi, è di ieri la notizia dell’arresto di un assessore lombardo per rapporti con la ’ndrangheta. Ex Udc convertitosi al partito del Cavaliere, Domenico Zambetti (questo il nome del politico finito al fresco avrebbe comprato alcune migliaia di voti pagando con 200 mila euro un paio di boss, dimostrando così che i politici non sempre prendono ma qualche volta danno, anche se in questo caso hanno dato alle persone sbagliate. Basterebbe ciò per invocare un repulisti generale, con la cacciata di capi e capetti del fu Popolo della Libertà, ormai trasformato in Popolo della Libertà di rubare. Chiedendo a tutti quelli sfiorati dalle inchieste un passo indietro, fossero anche immacolati come gigli: il numero delle inchieste è tale che, sebbene non abbiano responsabilità penali, si devono far carico di quelle politiche, pure se si chiamano Roberto Formigoni. Del governatore della Lombardia abbiamo stima e non di rado lo abbiamo difeso perché lo abbiamo ritenuto oggetto di attacchi ingiustificati e perché pensiamo che abbia ben amministrato la Regione che gli elettori gli hanno affidato. Ma cinque assessori ai ceppi, alcuni dei quali con il sospetto di trafficare con la ’ndrangheta, sono troppi anche per il nostro spirito garantista. Ripetiamo: Formigoni per noi è innocente fino a prova contraria, vale a dire fino a che una sentenza passata non lo abbia condannato, e ora non siamo neppure ad un rinvio a giudizio ma soltanto in una fase di accertamenti preliminari. Tuttavia mezza giunta ai domiciliari è difficile da digerire e anche tralasciando il pronunciamento del tribunale, nel caso del governatore lombardo si impone una riflessione sull’opportunità di continuare una via crucis fatta di manette e avvisi di garanzia. Ciò detto, le grandi pulizie d’autunno non possono riguardare il solo Pdl. Angelino Alfano avrà infatti il suo bel compito per liberarsi dei personaggi chiacchierati che infestano il Popolo della Libertà, ma anche negli altri schieramenti c’è un gran lavoro da fare.  Giova ricordare ciò che abbiamo segnalato nei giorni scorsi. A proposito della condanna per tentata truffa di una parlamentare del Partito democratico non ci pare di aver ascoltato da nessun membro del Pd una richiesta di dimissioni, come invece la sinistra pretende a gran voce per gli uomini del Pdl. Stesso silenzio imbarazzato è sceso sul caso di Vasco Errani, governatore dell’Emilia, su cui pende una richiesta di processo per il finanziamento al fratello con un milione di soldi pubblici. Bocche cucite anche dalle parti della Puglia e di Sinistra e Libertà, il cui leader è finito nei guai per le vicende della sanità pugliese, con accuse che vanno dall’abuso d’ufficio, al falso e al peculato. Ma il meglio, a quanto pare, si segnala dentro l’Italia dei valori, un partito sul cui nome abbiamo spesso ironizzato, alludendo al fatto che i valori iscritti nella ragione sociale non fossero quelli morali ma quelli immobiliari. Scopriamo ora, invece, che all’interno del movimento di Tonino c’è chi predilige la liquidità. Il capogruppo nel consiglio regionale al pari di Fiorito si sarebbe infatti intascato i fondi pubblici: una refurtiva stimata in 700 mila euro.  Anche nel caso di Vincenzo Maruccio siamo nella fase delle indagini e dunque non è lecito emettere una condanna, ciò nonostante appare piuttosto evidente che nessuno a questo punto è in grado di attribuire patenti di moralità. La responsabilità penale del capogruppo del Lazio, al pari di quella di Fiorito e degli assessori lombardi, dovrà essere sottoposta al vaglio dei giudici, ma se si interroga internet si scopre che ad essere incappati in guai con la giustizia sono diversi esponenti dell’Idv. Si va da un presidente di Provincia in manette per appalti truccati a un capogruppo ammanettato per aver lucrato sugli incassi delle multe, da un ex sindaco accusato di associazione mafiosa per voto di scambio a un deputato indagato per associazione a delinquere. Insomma, un casellario giudiziario da far paura, che - prima di ergersi a paladini della legalità - imporrebbe ai dirigenti dell’Idv un po’ di pulizia. Io un’idea l’avrei. Fermiamo tutti per un giro. Mandiamo a casa consiglieri e dirigenti di ciascun partito e ricominciamo da capo: possibilmente dopo esserci informati sulla fedina penale di ciascuno e sulla loro dichiarazione delle tasse. Non per sapere se hanno dichiarato ciò che possiedono, ma per confrontare il modello 740 prima e dopo la nomina. Un metodo semplice per sapere chi con la politica fa i soldi.  Ps. Anche il nuovo che avanza ha poco da stare allegro: ve la ricordate la giovane che era diventata la paladina dei candidati scelti dagli elettori, che finì per lasciare il Pdl per candidarsi con Futuro e Libertà non senza essere prima passata da Santoro?  Bene: il padre è accusato di aver contrattato con la ’ndrangheta un po’ di voti da portare in dono alla ragazza. Futuro e Criminalità.   

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