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Con la sinistra avremmo mammo-Nichi

Ritratto di Vendola, l'uomo che spaventa (anche) gli alleati e che ha tardivamente scoperto il desiderio di paternità
di Andrea Tempestini domenica 23 settembre 2012

Vendola ed Eddy

4' di lettura

di Pietro Senaldi Affidereste  un bambino alle amorevoli cure di papà  Nichi Vendola e aspirante  consorte toy-boy? La domanda ha già spaccato la sinistra e infiammato le primarie del Pd, con trenta parlamentari democratici che hanno scritto a Bersani chiedendogli di escludere il leader di Sel dalla competizione in quanto «il programma non è compatibile e integrabile con il nostro». Ufficialmente la lettera fa riferimento all’articolo 18 ma la coincidenza temporale con l’outing del governatore sui suoi desideri di paternità non è casuale. E inevitabilmente il quesito è destinato a sfondare gli angusti confini del dibattito interno alla sinistra, per diventare una delle due o tre questioni cardine che la prossima primavera decideranno la campagna elettorale più importante degli ultimi vent’anni. Anzi, la questione cardine, considerato che con la firma del fiscal compact l’Italia ha ceduto gran parte della propria sovranità all’Europa e condizionato le scelte economiche della politica futura e che pertanto partiti e governi avranno soprattutto sui temi etici la possibilità di differenziarsi e indirizzare il Paese.  Il  desiderio di paternità tardiva del 54enne Nichi, che ieri ha ribadito dalle colonne del giornale amico «Pubblico» di sentirsi un padre di famiglia, peserà  quanto se non più di spread, crisi, disoccupazione,  tasse e  sentimento filo o antieuropeo. Visto che i tempi non sembrano propizi per promettere lavoro, aumenti salariali e welfare ed essere creduti e poiché, malgrado la grande facilità di eloquio, il leader di Sel non riesce a comunicare in che cosa consista di fatto la sua idea di una nuova forma di sviluppo sostenibile ecologico e post-industriale che garantisca la felicità e il benessere collettivo, da politico consumato Vendola ha infatti deciso di sterzare la sua campagna elettorale su un unico messaggio,  forte e chiaro: nozze e adozioni gay.  Attenzione, non è una provocazione ma una proposta politica concreta che si realizzerà necessariamente qualora la sinistra vincesse le elezioni. Vendola infatti, nonostante la stravaganza del proprio programma (tra cui, come anticipato da «Libero» due settimane fa figurano tre patrimoniali, due straordinarie su redditi e capitali finanziari e una perpetua sulla ricchezza tout court) e i discorsi senza capo né coda, non è soltanto una presenza folklorisitica all’interno della sinistra ma è la pietra angolare dell’alleanza. È su Nichi e sul suo ritiro dalla competizione  che Bersani - nonostante le dichiarazioni di circostanza («Vendola è un protagonista, deve candidarsi») - conta per vincere le primarie nel caso il consenso di Renzi crescesse ancora. È sull’altare di Nichi che ha sacrificato l’alleanza con Casini, promuovendo ufficialmente i comunisti-ecologisti di Sel a suoi alleati di ferro. È pensando ai voti di Nichi - gli unici a garantirgli un’identità di sinistra vecchia maniera - che Bersani ha sposato il programma di governo tutto tasse e opere pubbliche che gli è costato l’appoggio di Napolitano e le simpatie dei montiani.   In caso di vittoria quindi, il segretario del Pd, in barba ai mal di pancia del partito, dovrà adeguarsi, anche a costo di perdere Rosy Bindi, e trasformare l’Italia in una sorta di Spagna di Zapatero, tanto sotto il profilo etico quanto, con ogni probabilità, sotto quello delle conseguenze economiche. L’avamposto dell’operazione è Milano, già vulnus del Pd, dove Nichi si è precipitato a festeggiare nel giorno dell’elezione di Pisapia e dove martedì si sono celebrate le prime nozze omo - rigorosamente vip - con tanto di bebè in braccio, festeggiate dal sindaco sulla pagina Facebook del Comune. Quando afferma di sognare di «coronare l’amore con il 32enne Eddy con il lancio dei confetti, i fiori d’arancio e un «sì» sull’altare davanti a un prete», Vendola sa che non accadrà mai. Ma le sue non sono parole autoconsolatorie con cui si dà sfogo a  un desiderio irrealizzabile. Sono un messaggio politico di normalità delle nozze fra uomini in chiesa. Quando, senza averne  prova, sostiene di essere «migliore come padre che come politico» (e forse su questo a chi vive in Puglia viene anche la tentanzione  di credergli!) perché è un bravo zio e ha «giocato per anni con i figli dei suoi amici», il leader Sel sa di poter essere accusato di superficialità ma non se ne cura perché è più importante il messaggio da famiglia omo del Mulino Bianco che vuol far passare attraverso frasi teneramente ingenue, mutuando una tecnica di comunicazione berlusconiana. Così come quando  dice che «la paternità è un fatto culturale prima che biologico» o che «in un rapporto corretto il genitore non adultera il bambino» e che «anche il bambino può educare te», Vendola afferma delle banalità per rassicurare le nonne e conquistare i borghesi ma distorce scintemente la realtà prescindendo dalle verità di genere e ruolo.  Insomma, l’omo fa sul serio. Gioca pesante e non si fermerà, a costo di spaccare la sinistra, di cui poi non deve importargli molto, visto che sta riducendo il comunismo e le sue lotte ad affari di cerniera, più che degni d’attenzione ma non di vitale importanza ora. Né per il futuro della sinistra né per il Paese. E a rileggersi certe dichiarazioni accademiche, viene perfino il dubbio se poi davvero siano così importanti anche per il Vendola privato...

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