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Per la sinistra pro-Pal la storia non è maestra di vita ma solo di ideologia

Imperterriti, continuano a dire che non si può parlare di antisemitismo e che bisogna invece combattere l’islamofobia
di Corrado Ocone martedì 16 dicembre 2025

3' di lettura

Di nuovo una strage di ebrei e di nuovo su una spiaggia. In Australia, uno dei Paesi che più aveva solidarizzato con i palestinesi. Ma sembra che sia tutto inutile, che a nulla serva per far rinsavire e maturare un minimo di autocritica negli esponenti più in vista dei pro-Pal. Imperterriti, essi continuano a dire che non si può parlare di antisemitismo e che bisogna invece combattere l’islamofobia.

Per Rula Jebreal, in un post su X, sarebbe addirittura in corso un’opera di «disumanizzazione dei musulmani», la quale sarebbe un «pilastro centrale della propaganda» filo-israeliana e sionista. L’opinionista porta ad esempio un «eroe musulmano che salva degli ebrei», ma non parla mai né delle vittime e né dell’attentatore. È ovvio che un cristiano non dovrebbe mai “disumanizzare” nessuno. È altresì ovvio che un liberale non può ragionare in astratto e in blocco per gruppi etnici o religiosi: le responsabilità sono sempre individuali. Ma obiettività vorrebbe che, da una parte, si riconoscesse che l’islamismo politico presenta oggi in molte sue facce un aspetto inquietante, tanto che non è peregrino parlare di nazi-islamismo, come fanno molti studiosi Oltralpe; e, dall’altra, che il ragionare per entità astratte è proprio quel che fanno i terroristi islamici con la loro caccia all’ebreo in quanto tale, “colpevole” a prescindere.

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C’è poi Sandro Ruotolo, il responsabile della comunicazione del Pd. Per lui il problema sarebbe sempre Netanyahu, che «getta benzina sul fuoco» attaccando Canberra. Il deputato afferma che «il riconoscimento dello Stato di Palestina non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo». Lo si potrebbe, in linea di principio, pure concedere, se non fosse per un particolare non certo irrilevante. Non basta, infatti, riconoscere uno Stato, ma bisogna accertarsi che esso sia democratico (come lo è Israele) e, soprattutto, che non finisca in mano a forze terroristiche come Hamas che si propongono politiche di annientamento dello Stato con la stella di Davide (la famosa e lugubre richiesta di una “Palestina libera dal fiume al mare”).

Il riconoscimento dello Stato di Palestina è perciò, a dir poco, prematuro. E dispiace che anche Stati occidentali e democratici, vuoi per ignoranza vuoi per opportunismo, non se ne siano resi conto. L’opportunismo è consistito, probabilmente, proprio nell’assecondare le richieste del movimento Pro-Pal, composto per lo più di giovani inconsapevoli. In queste frange è maturato anche qui da noi forte l’antisemitismo, in un clima di odio per l’ebreo in quanto tale.

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È davvero solo retorica notare che lo stesso clima era quello che preparò nel nostro continente lo sterminio di massa degli ebrei compiuto dai nazisti? In sostanza, oggi gli ebrei, in blocco, non possono dirsi più al sicuro nemmeno negli Stati liberi, nemmeno nella nostra civile Europa. Ad opinionisti, influencer, uomini politici, si richiederebbe perciò il massimo senso di responsabilità. È chiedere troppo? La stagione dei “cattivi maestri” ha causato, in altri frangenti storici, danni e tragedie umane. Non vorremmo che si arrivasse di nuovo a tanto. E vorremmo che, almeno per questa parte, la storia fosse maestra di vita.

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