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Frattini: dalla Libia segnali di disponibilità sulla sorte dei 250 detenuti eritrei

Il governo italiano media tra Tripoli e il Consiglio d'Europa. Forse un diplomatico italiano visiterà il campo di detenzione
di Michela Ravalico domenica 11 luglio 2010

3' di lettura

Ancora una volta l'Italia si trova nello scomodo ruolo di mediatore tra la Libia e l'Europa. Dopo il caso dei cittadini svizzeri arrestati come ritorsione per l'arresto del figlio di Gheddafi, questa volta le vittime sono i 250 eritrei detenuti in Libia in condizioni inumane perché non hanno voluto comunicare le loro generalità anagrafiche. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, in trasferta a Mosca, ha fatto sapere che dalla Libia vengono segnali di disponibilità. Il che significa che Tripoli potrebbe essere disposta a liberare gli eritrei e aiutarli nella ricerca di un lavoro nel Paese nordafricano senza diffondere i dati anagrafici dei 250 profughi, che temono le ritorsioni del governo eritreo. Nelle prossime ore, inoltre, un diplomatico italiano potrebbe essere inviato a fare visita ai detenuti direttamente nel centro di raccolta. L'invito all'Italia a fare da mediatore è giunto dal commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg. Con due lettere inviate lo scorso 2 luglio al Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e al Ministro degli Interni, Roberto Maroni - il cui testo è stato reso noto solo oggi - Hammarberg ha chiesto al governo italiano di "collaborare al fine di chiarire con urgenza la situazione con il governo libico". La detenzione - Dal 30 giugno i 250 eritrei si trovano nelle celle del centro di detenzione di Braq, 80 chilometri da Seba, nel Sud della Libia, dove sono stati trasferiti dal centro di detenzione per migranti di Misurata. Il gruppo era stato deportato su tre camion container come 'punizione' a seguito di una rivolta scoppiata il giorno prima fra i detenuti che non hanno voluto dare le proprie generalità a diplomatici del loro Paese per paura di essere soggetti a un rimpatrio forzato. Secondo i numerosi rapporti ricevuti dal Commissario Hammarberg prima del trasferimento degli eritrei da un campo di detenzione all'altro, "il gruppo sarebbe stato sottoposto a maltrattamenti da parte della polizia libica. La lettera al Foglio - Sull'edizione di oggi del Foglio è stata pubblicata una lettera di Frattini e Maroni in cui si legge che il governo italiano è in prima fila per la risoluzione di questo problema. ''In queste ore e' in corso una delicata mediazione sotto la nostra egida, mediazione che stiamo finalizzando, per poter arrivare all'identificazione dei cittadini eritrei'' e ''poter loro offrire un'occupazione, nella stessa Libia, contro il rischio e la paura del rimpatrio'', si legge nel testo. "Abbiamo scelto una strada diversa da quella della pubblicità - spiegano i ministri - perché siamo convinti che non ci aiuterebbe. Sappiamo bene che è una lotta contro il tempo". La mediazione italiana è "in corso in queste ore", spiegano ancora Frattini e Maroni, e vede "in prima fila le Ong italiane". L'obiettivo è quello di identificare i rifugiati eritrei "i quali, è bene saperlo - sottolineano - timorosi di farsi identificare rendono impossibile la definizione del loro status" e offrirgli poi "un'occupazione in Libia".  "L'Italia - proseguono i ministri- non si è mai sottratta ad un'attività di sensibilizzazione delle autorità libiche, verso le quali noi abbiamo scelto, nello spirito di una sincera amicizia, di condurre un'azione discreta e positiva anche in nome e per conto dell'Europa: come due distinte, ben note ed importanti vicende legate alla soluzione della crisi Libia-Svizzera hanno recentemente saputo dimostrare".     

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