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L'editoriale

di Maurizio Belpietro
di Michela Ravalico sabato 27 marzo 2010

3' di lettura

Bersani non lo ammetterà mai, ma anche a lui conviene che Emma Bonino perda. Non c’è solo Renata Polverini a tifare contro la candidata di sinistra nel Lazio. E non ci sono solo i vescovi, i quali l’altro ieri hanno ricordato che non bisogna votare per chi è favorevole all’aborto (pentendosi poi l’indomani, come usa fare in confessionale). No, a sperare che, nonostante gli aiutini dei giudici, l’esponente radicale non ce la faccia ci sono anche alcuni del Pd e probabilmente pure lo stesso segretario. La ragione è semplice e l’autolesionismo non c’entra per nulla, anzi, semmai è il contrario: candidare la seguace di Pannella è stato un puro gesto di masochismo da parte di Bersani, il quale forse è stato costretto dagli eventi e dalla carenza di alternative sottomano. Fatto sta che ora l’uomo venuto da Bettola rischia di trovarsi alla guida della Regione Lazio una signora invisa alla Chiesa al punto da spingere le gerarchie della Cei alla mobilitazione dell’elettorato cattolico. Che le sottane vaticane non gradissero era facilmente immaginabile, visto che nel passato dell’esponente della Rosa nel pugno c’è qualche aborto clandestino e il segretario del Pd non poteva non sapere. L’ostilità d’Oltretevere basterebbe per augurarsi che l’urna risolva la questione alla radice, rispendendo la Bonino da dove è venuta. Ma se ciò non fosse sufficiente, ci sono altre considerazioni che consigliano a Bersani di sperare nella sconfitta. Innanzitutto c’è l’aspetto giudiziario. Dopo aver rimproverato per una vita al Cavaliere i guai giudiziari, lamentando il fatto che il premier sfuggirebbe i processi che lo riguardano, se la Bonino fosse eletta il Pd si ritroverebbe un governatore che, inseguito per anni dalle Procure, l’ha fatta franca solo grazie all’immunità parlamentare. Difficile a questo punto continuare a dire no al lodo Alfano o ad altre guarentigie adatte a sottrarre i parlamentari dall’invadenza dei pubblici ministeri. Ma l’argomento chiave è che se la candidata radicale venisse eletta per Bersani sarebbero guai. Già è costretto sulla difensiva dalle continue uscite di Antonio Di Pietro, l’alleato più scomodo che la sinistra abbia mai avuto, ma se ci fosse pure la Bonino, il povero Pier Luigi verrebbe messo all’angolo, dovendo fronteggiare anche le iniziative dei pannelliani, che in quanto a diritti del lavoro e altro sono assai distanti da quelle dell’ex partitone di Botteghe Oscure. Emma poi non sarebbe facile da ridurre al silenzio. Anzi: essendo più nota di tutti gli altri governatori di sinistra, dai Vasco Errani agli Enrico Rossi, ed essendo alla guida di una grande Regione rischierebbe di diventare un contraltare pericoloso più per il Pd che per il centrodestra. Diventerebbe insomma una sorta di vicesegretario o addirittura un altro segretario, alternativo a quello ufficiale. Non potendola controllare come fa con gli altri, Bersani sarebbe costretto a inseguirla tutte le volte che apre bocca e ciò che può dire la Bonino lo si è visto in campagna elettorale, dove non ha certo nascosto come la pensa su varie materie, aborto, biotestamento e famiglie allargate. Insomma, alla fine, c’è da credere che davvero Pier Luigi accenda un cero in chiesa ogni mattina, sperando che il 29 la Madonna faccia il miracolo di sconfiggere la madonna laica amata da Pannella. Altrimenti gli toccherebbe una novena, ma di penitenze.

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