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"Il mio posto è qui": il film e una storia che ha le radici nel passato

Annamaria Piacentini
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Guardi il film e quando arriva il fatidico the end, vorresti ricominciare a vederlo. Non capita spesso a chi del cinema ne fa una ragione di vita. O di noia. Ma non accade, perché sai che non ti sbagli. “Il mio posto è qui”, è un film basato sull'amicizia che non tradisce, che ti comunica forza, che ti aiuta a superare le barriere che possono schiacciarti. E sull'amore che resta nel cuore e che fa crescere fino al punto di non sopportare più che un uomo ti sfrutti e ti tratti come una serva.

Ti ribelli, anche se quell'uomo, quel maschilista senza cultura, è tuo padre. Non versi una lacrima, perché sai che non vale la pena, né per lui, né per tutti quegli uomini che considerano le donne solo fattrici e serve. Siamo, in Calabria alla fine della Seconda guerra mondiale, e ciò che raccontiamo, dopo la visione del film altera il nostro sistema pacifista: perché sempre contro le donne, o contro gli omosessuali? Ecco, partiamo da qui. Il film è tratto dal romanzo di Daniela Porto (Sperling & Kupfer Editore) che veste i panni della regista insieme a Cristiano Bortone: “Il libro è ispirato dai racconti di mia madre, vissuti in Calabria”, sottolinea Daniela Porto, “la nostra protagonista è una ragazza apparentemente fragile, che non ha mai discusso il potere maschile. L'elemento che scatena l'amicizia tre lei e Lorenzo è la sofferenza, il sentirsi emarginati. E' un incontro importante, quasi outsider.” E mentre si pensa a un sequel del film i personaggi principali ci raccontano la storia: Marta (Ludovica Martino), è una bella ragazza che non è sposata, ma ha avuto un figlio dal giovane compagno, poi deceduto in guerra. Per il paese è una specie rara di peccatrice. La pensa così anche il padre. Gli uomini possono avere anche un'amante, ma le donne devono solo obbedire. L'altro è Lorenzo (Marco Leonardi), un uomo buono ed altruista, ma anche lui ha peccato, perché è omosessuale, tanto per non ripetere la parolaccia che spesso viene usata nei suoi confronti. Sono due anime nate sotto la stessa incondizionata “sfortuna”, due persone che hanno bisogno uno dell'altro: “Tra Marta e Lorenzo c'è un matrimonio di anime”, dice l'attrice (premiata per questo ruolo al Bifest di Bari). Lottano per i propri diritti, ma le donne intorno a Marta, allora non erano in grado di reagire”.

L'Italia è allo sbaraglio dopo la fine della guerra, eppure le parole al vetriolo continuano ad avere vita. “E' una tematica che ricorda gli anni in cui è stato ambientato anche il film C'è ancora domani, di Paola Cortellesi, spiega il regista e produttore, lì si mette a fuoco il patriarcato, mentre il nostro film è diverso, ed è stato girato due anni prima. Diamo il voto alle donne che fu una vera rivoluzione (il voto venne dato da Umberto di Savoia, durante i tre giorni da re, prima di lasciare l'Italia), e parliamo della retribuzione equa tra i due sessi. Il motivo che rendeva l'uomo più strategico nei confronti della donna è proprio il potere economico.” Marco Leonardi è un grande attore, chi fa il cinema questo deve riconoscerlo. Ha lavorato con Giuseppe Tornatore, con Dario Argento, con Ridley Scott, ed è stato per anni ad Hollywood, amato e rispettato dalle produzioni nella Grande Mela. “Anche Lorenzo mostra un'anima”, sottolinea l'attore parlando del suo personaggio. “Il mio ruolo? È quello che ho sempre sognato di fare, risponde, l'ho interpretato con tutto il cuore e il rispetto che si deve a quest'uomo”. E mentre Marta lotta per i propri diritti, solo Lorenzo cercherà di aiutarla. Perché dovrebbe sposare un vedovo con due figli, lavorare come una serva e farsi mettere incinta da un maschilista che non sopporta? Lei vuole vivere, seguendo il figlio che è ancora piccolo, e lavorare. Quel matrimonio sarebbe l'ennesima condanna. “Ci sono molti punti di riflessione, ammette Daniela Porto, la vita di una donna che vuole emergere, non deve essere negata. Neanche oggi”.

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