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Tra arresti e riforme, l'abisso dei giudici tributari

Arresti che passano sotto silenzio, ma anche lentezza nelle sentenze, stipendi scarsi, ruoli onorari, selezione anche tra architetti, periti e insegnanti. Cosa può cambiare con la riforma Cartabia nel mondo sconosciuto della giustizia tributaria
di Francesco Specchia mercoledì 8 dicembre 2021

Il posto dei giudici tributari

3' di lettura

Ne hanno arrestato un altro, oramai qui è una livida mattanza di giudici tributari.

Il tintinnar di manette infilate a Brescia dalla Guardia di Finanza all’ennesimo magistrato incastrato in un articolato sistema di evasione fiscale per 90 milioni di euro, non ha scosso più di tanto. le coscienze. Si sa. I tributari, pur potentissimi, per i media affollano il sottoscala del diritto; non fanno notizia. Eppure, negli ultimi mesi, negli uffici fiscali ci sono stati, in proporzione, più arresti che a Mani Pulite: un magistrato delle procedure fallimentari a Brindisi ; uno a Bologna, ora deceduto, che si faceva pagare in salumi pregiati per consulenze illecite; un altro condannato per corruzione a Benevento e altri a Salerno (32 anni di carcere); uno che taroccava le sentenze a favore di imprenditori per «fare diventare il figlio calciatore professionista»

Eppoi, ecco altri arresti da Milano a Roma, da Napoli a Bari: un florilegio di inchieste, condanne, ammanchi e corruttele che investe la magistratura tributaria. Che non solo, da onoraria, non riesce a diventare magistratura specialistica o autonoma: ma pure, per questa frequente incapacità di terzietà, necessita improrogabilmente della riforma che le stanno cucendo addosso i ministri Franco e Cartabia, sfruttando i fondi del Pnnr. E non basta solo la riforma dell’organo di autogoverno (sulla scia di quella del Csm). Urge eliminare i conflitti d’interesse (i giudici tributari non possono essere consulenti fiscali). Serve anche un aumento delle competenze.

I tempi già lunghi della Giustizia, sul tributario sono dilatati più di una madeleine proustiana. In Italia il tempo medio per espletare il primo grado di giudizio ammonta a circa 643 giorni, mentre quello relativo al secondo grado a 1.055. Il valore complessivo delle controversie pendenti ammonta a 42 miliardi, di cui il 63% in giacenza da 2 anni. E la giustizia di merito non riesce a garantire un livello qualitativo delle decisioni; e così ingolfa la Corte di Cassazione; la quale, oberata da oltre 50 mila ricorsi pendenti, non riesce a svolgere il suo ruolo. Come rimediare? 

«Prima di tutto creando il ruolo di magistrati specializzati in materia tributaria a tempo pieno» proponeva Giuseppe Bernoni, già presidente dei commercialisti italiani e della Commissione tributi locali e presidente dello studio Bernoni Grant Thornton «che esercitino la loro professione in via esclusiva con obblighi di periodico aggiornamento». Pochi sanno che la fauna delle competenze dei giudici tributari - per loro natura part time- è assai variegata. Ad esercitare il ruolo, ora, non devi essere necessariamente un magistrato.

 Nelle fila delle giustizia tributaria troviamo infatti, tra gli altri: notai, dipendenti delle pubblica amministrazione, docenti in ragioneria,ingegneri, architetti, geometri, periti edili industriali e agrari che abbiano esercitato la professione per almeno 10 anni, finanzieri in pensione. Certo è curioso pensare a un geometra, a un prof dell’Itis o a un dirigente del catasto che devono decidere sul reverse charge, sulla voluntary disclosure o sullacooperative compliance di Google. Che commissioni composte da siffatti membri possano incidere sui destini dell’economia e sui contenziosi del nostro sistema produttivo, be’, un po’ stranizza. 

In più, i suddetti giudici onorari sono  pagati troppo poco. I componenti delle commissioni tributarie ricevono un compenso fisso, indipendente dal numero di sentenze emesse. Il compenso ammonta a 311 euro per i giudici, 337 euro per i vicepresidenti di sezione e 363 euro per i presidenti di sezione. 

A questo compenso- base si sommano quelli variabili dipendenti dal numero di sentenze e pari a 93 euro a singola sentenza. I 93 euro vanno così suddivisi: il presidente del collegio riceve 29,50 euro, i giudici 26 euro ciascuno e 11, 50 euro vanno assegnati al relatore della pronuncia. Dal  gennaio  2019, il Cpgt (Organo di autogoverno dei giudici tributari) ha dato parere positivo a un aumento di stipendio di 80 euro in busta paga. Una roba da martkeing renziano che però non cambia la sostanza. I giudici onesti per campare devono fare qualcos’altro; quelli disonesti accettano mazzette. Sarebbe dunque auspicabile che, a questo punto, a costi invariati, si sostituissero i 2700 onorari con 500 giudici professionali, prevenienti da altre giurisdizioni. Almeno nell’inquadramento del secondo grado di giudizio. Urge ribaltare il settore come un calzino.

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