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Cospito, lo scandalo: rischio-anarchici, chi ha ignorato l'allarme in Parlamento

Alberto Busacca
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Attacchi alle sedi diplomatiche italiane, bombe molotov, scontri con la polizia. La violenza anarchica si è abbattuta sul nostro Paese all’improvviso, riportando sulle prime pagine dei giornali un universo estremista che tanti speravano fosse ormai in via di estinzione. E invece no. Le cose, purtroppo, non stanno proprio così. Tanto che, nel febbraio del 2022, l’allarme era stato lanciato forte e chiaro nella relazione annuale fatta al parlamento dal “Sistema di informazione perla sicurezza della Repubblica”. Ma, evidentemente, in tanti hanno preferito non ascoltare. D’altra parte, per il Pd, in quel periodo il problema dell’Italia era il “fascismo alle porte”...

 

 

 

 

Leggiamo, allora, quello che c’è scritto nella relazione. Capitolo 5: eversione ed estremismi. «L’azione di intelligence», si legge, «in stretto raccordo informativo con le Forze di polizia, ha continuato a evidenziare, nello scenario eversivo interno, la particolare pericolosità delle componenti anarco-insurrezionaliste. Si è, infatti, nuovamente rilevata la propensione di tali realtà a mobilitarsi su un “doppio livello”, che prevede un attivismo tanto di caratura “movimentista”, inteso a infiltrare le manifestazioni per promuovere più veementi pratiche di protesta, quanto di più marcata valenza terroristica con il compimento della tipica “azione diretta distruttiva” contro diversi target, correlati ad altrettante varie campagne di lotta».

 

 

 


COMPAGNI DETENUTI

Tra le varie “campagne di lotta” spicca sicuramente quella in difesa dei compagni detenuti. «Appelli alla sovversione», continua la relazione, «si sono rilevati pure attraverso la consueta diffusione in rete di documenti riportanti dati circostanziati sugli obiettivi da colpire e indicazioni operative su alcune tra le più insidiose attivazioni anarchiche, come il sabotaggio d’infrastrutture, specie delle telecomunicazioni, e di linee ferroviarie. Ciò, in uno scenario della minaccia che, in linea con il trend rilevato negli anni scorsi, ha attestato il compimento di diversificate “azioni dirette” contro molteplici target, rivendicate e non, inneggianti alla “solidarietà rivoluzionaria ai compagni prigionieri” in Italia e nel mondo». E ancora: «Del resto, il tema del sostegno agli anarchici detenuti si è ulteriormente confermato come il principale collante ideologico tra militanti, anche di diversi Paesi. I collegamenti internazionali dell’anarco-insurrezionalismo hanno continuato a trovare, soprattutto sul web, luogo privilegiato di approfondimento tematico e operativo, nonché di condivisione di campagne di lotta, che, a loro volta, hanno dato poi spunto ad attivazioni pure in altri Paesi europei, specie in Francia, Spagna, Grecia e America latina». Insomma, era già tutto previsto: la campagna contro il 41bis, gli attacchi alla polizia e quelli alle nostre sedi diplomatiche all’estero. E, come si evince dal testo, l’allarme sugli anarco-insurrezionalisti non è una novità dello scorso anno.

 

 

 


LA MINACCIA

Già nella relazione al parlamento presentata nel 2021 e riferita al 2020, infatti, le cose erano chiare: «Le evidenze raccolte dall’intelligence, sistematicamente condivise con le Forze di polizia, indicano che l’anarco-insurrezionalismo resta la componente eversiva endogena più vitale». Idem la relazione presentata nel 2020: «La minaccia anarco-insurrezionalista ha continuato a rappresentare un ambito di impegno prioritario per l’intelligence. Si tratta di ambienti dalle proiezioni offensive imprevedibili che, anche nel 2019, si sono distinti per aver concretizzato, dichiarato o coltivato propositi ritorsivi connessi a sviluppi investigativi e giudiziari a carico di militanti d’area. La “lotta alla repressione” e la “solidarietà rivoluzionaria ai compagni prigionieri” sono state, infatti, il filo conduttore e il principale fattore di innesco di “azioni dirette”, riferibili a tradizionali campagne anarchiche e realizzate anche con il ricorso a manufatti incendiari ed esplosivi, ai danni di diversi obiettivi (uffici postali, istituti bancari, ripetitori telefonici e radiotelevisivi, agenzie di lavoro interinale, linee ferroviarie, etc.), sovente rivendicate con appelli a sostegno dei militanti detenuti. Tale attivismo, da un lato, si è accompagnato a iniziative di piazza, con presìdi di protesta nei pressi di strutture carcerarie e manifestazioni come il corteo torinese del 9 febbraio, sfociato in atti vandalici e scontri con le Forze dell’ordine». Era tutto qui, nero su bianco...

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