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Anm, la frase choc di Cesare Parodi: "Ci servirebbero altri 2 giudici morti"

di Giovanni M. Jacobazzi domenica 16 febbraio 2025

3' di lettura

Per ridare prestigio alla categoria, in questo momento in caduta libera in tutti i sondaggi, «occorrerebbero due magistrati morti». A dirlo è l’attuale presidente dell’Anm, il procuratore aggiunto di Torino Cesare Parodi. La frase, a dir poco sconsiderata, è stata pronunciata, come riportato dal quotidiano La Stampa, durante un dibattito questa settimana al Circolo dei lettori del capoluogo piemontese. L’occasione è stata offerta dalla presentazione del libro del pm Andrea Apollonio, “A cosa serve il ricordo”, nel quale sono stati raccolti i discorsi pronunciati in passato dai presidenti della Repubblica per commemorare i magistrati uccisi da Cosa nostra o dal terrorismo. Ospite d’onore dell’incontro è stato Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale. «Una volta i magistrati si ammazzavano, oggi si delegittimano», ha esordito Zagrebelsky, giurista legato alla sinistra e mai tenero con i governi di centrodestra, al punto che all’epoca dei “girotondi” da presidente dell’associazione “Libertà e giustizia” voleva le immediate dimissioni di Silvio Berlusconi dopo il caso Ruby. «La delegittimazione trova terreno fertile se la magistratura glielo offre», ha proseguito l’ex capo della Consulta, sottolineando quindi la necessita di passare al «contrattacco». Per farlo, però, ha ricordato Zagrebelsky, «bisogna essere inattaccabili».

IN EXTREMIS
Quando il dibattito sembrava volgere al termine, ecco allora intervenire Parodi, presente in sala, affermando che alla categoria togata farebbero comodo in questo periodo «due magistrati morti». Una frase «tremenda», come precisato dallo stesso Parodi, il quale ha poi ricordato che il consenso arriva ai «massimi livelli» proprio quando si verificano fatti del genere e che oggi si è purtroppo formata nell’opinione pubblica un’immagine della magistratura che «non corrisponde alla realtà». Parole che hanno avuto l’effetto di far subito calare un silenzio spettrale fra gli ospiti a cui le affermazione del capo dell’Anm devono essere sembrate francamente eccessive. Parodi, va detto, si trova in questi giorni nell’occhio del ciclone per aver voluto tendere la mano al governo. Il magistrato, a capo di una coalizione dove la maggioranza è saldamente in mano alle toghe progressiste, appena eletto aveva infatti subito accolto l’invito dalla premier Giorgia Meloni ad un incontro, fissato per il prossimo 5 marzo a Palazzo Chigi, per fare il punto sulla riforma della giustizia che prevede, fra le varie innovazioni, la separazione delle carriere fra pm e giudici. Fra due settimane è però in programma da tempo la sciopero dell’Anm contro questa riforma. Se lo sciopero si rivelerà un flop, con poche adesioni, le toghe di sinistra avranno gioco facile per sfiduciarlo e chiedere un rimpasto, mettendo al suo posto un presidente duro e puro che con la premier non prende neppure un caffè. Tornando a Parodi, non si può comunque non rilevare che la sua “provocazione” sia stata del tutto infelice.

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GLI ESEMPI
Sarebbe stato sufficiente ricordare cosa accadde a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quest’ultimo peraltro esponente della stessa corrente a cui è iscritto Parodi. I due magistrati furono tra i primi a stigmatizzare il comportamento dei colleghi e ad essere critici nei confronti delle logiche spartitorie del Csm. Falcone, in particolare, ha dovuto lottare per anni contro le accuse infamanti che gli venivano mosse dai suoi colleghi per aver accettato di lavorare al ministero della Giustizia con l’allora craxiano Guardasigilli Claudio Martelli. Borsellino, invece, poco prima di morire aveva confidato a sua moglie Agnese che la mafia lo avrebbe ucciso perché i suoi colleghi lo avrebbero permesso, descrivendo il Palazzo giustizia di Palermo come un «nido di vipere». E a proposito di credibilità, la prossima settimana si apre all’insegna delle scintille al Csm. Il motivo è la nomina del nuovo procuratore generale della Cassazione. I togati di centrodestra hanno già fatto sapere di non aver intenzione di votare il favorito Pietro Gaeta, esponente di Magistratura democratica, voluto dalle toghe e dai laici espressione dell’opposizione. A suo sfavore ci sarebbero alcune interlocuzioni con l’ex magistrato Luca Palamara, poi radiato per lo scandalo nomine al Csm, per ottenere una promozione. Per fare chiarezza su questa vicenda, Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, aveva presentato tempo addietro una interrogazione rimasta sempre senza risposta.

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