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Delmastro, Anm: "Cosa ha dimostrato la condanna". Le toghe rosse gettano la maschera, ora tutto torna

venerdì 21 febbraio 2025

2' di lettura

La condanna di Andrea Delmastro a 8 mesi per il caso Cospito ha suscitato un vespaio di polemiche e di reazioni. In un'intervista al Corriere, il sottosegretario picchia durissimo: "È un dato di fatto che il collegio fosse fortemente connotato dalla presenza di Md anche dopo la sostituzione di un componente avvenuta due udienze fa". Poi ne ha anche per il Pd che in queste ore tenta di dare una spallata al governo speculando sulla condanna: "Io non ho onore? Il mio onore è aver difeso il carcere duro e l’ergastolo ostativo. Nella mia visione manca di onore chi parla con terroristi e mafiosi".

E a queste parole vanno aggiunte quelle del premier, Giorgia Meloni: "Sono sconcertata per la sentenza di condanna del Sottosegretario Andrea Delmastro, per il quale il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto l’archiviazione e successivamente l’assoluzione. Mi chiedo se il giudizio sia realmente basato sul merito della questione. Il Sottosegretario Delmastro rimane al suo posto".

E alle parole del premier risponde proprio l'Anm: "Siamo sconcertati nel constatare che ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza", si legge in una nota della Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati. E ancora: "Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo - prosegue l’Anm riferendosi alle parole pronunciate ieri dal guardasigilli Carlo Nordio -. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche".

Poi le toghe gettano la maschera e usano la condanna di Delmastro per attaccare il governo proprio sulla riforma della Giustizia: "Per dimostrare l’inutilità della separazione delle carriere, basta osservare la vicenda processuale che si è conclusa con la condanna in primo grado del sottosegretario Delmastro. Alla richiesta di archiviazione del pm un giudice ha ordinato l’imputazione, ed alla richiesta di assoluzione di un pm il Tribunale ha pronunciato condanna. Questo dimostra, come l’Anm sostiene da sempre, che il pm può chiedere l’assoluzione, nonostante la sua carriera non sia separata da quella del giudice, e che il giudice non è succube del pm". 
 

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