Antonio Di Pietro sta con la destra. Il pm di Mani pulite è pronto per fare il testimonial del sì al referendum sulla divisione delle carriere o perlomeno "a far sentire la mia voce su questa riforma costituzionale. Ma in nome e per conto - vuole chiarire - di Antonio Di Pietro. Non lascerò che alcun partito politico ci metta il cappello sopra". Eppure Di Pietro non nasconde il suo auspicio, ossia che "ci siano tanti testimoni, anzi, tanti comitati, per il sì e per il no. Perché questa è la democrazia. Per quale ragione un comitato deve essere per forza teleguidato da un partito? Questa è una riforma costituzionale, quindi è una riforma dei cittadini. Io rappresento me stesso e, al massimo, quei cittadini che vogliono essere informati sentendo le due campane: anche quella del sì. Non ho bisogno di avere un capo in testa. Ragiono da me stesso e rappresento me stesso".
In ogni caso il suo sostegno alla riforma su cui le toghe fanno guerra all'esecutivo va ben oltre la separazione delle carriere. "In realtà - spiega Di Pietro al Fatto Quotidiano - la riforma ha altri due punti focali che bisogna spiegare ai cittadini: la estromissione del Consiglio superiore della magistratura dalle scelte disciplinari sui magistrati e l’introduzione del sorteggio per togliere potere alle correnti. Credo che su questo molti magistrati siano favorevoli, e anche Gratteri. Quindi voglio valutare questa riforma non perché l’ha fatta il centrodestra, anzi credo che sbaglino – e rischino – quelli del centrodestra che ci vogliono mettere il cappello sopra. Questa è una riforma che è la naturale conseguenza di quel che venne deciso nel 1989, quando passammo dal sistema inquisitorio al sistema accusatorio".
E guai a chiamarla riforma della giustizia, "questa è una riforma della magistratura. L’unica riforma della giustizia che serve è quella di farla funzionare. Ma questa riforma non incide sull’accelerazione o l’ammodernamento della giustizia, questa riforma chiude solo il cerchio di un sistema processuale che nel 1989 da inquisitorio è diventato accusatorio". Allora - viene da chiedersi - perché l'Anm è così contraria? Presto detto: "Io temo che l’Associazione magistrati sia fermamente, per non dire ferocemente, contraria proprio per quei due punti: togliere al Csm il potere di giudicare i magistrati e di spartire potere".