Sbatti il mostro in prima pagina. Che se poi di cognome fa La Russa, ed è figlio di Ignazio, il primo presidente del Senato di Fratelli d'Italia, fa ancora più dà notizia ed esporlo alla gogna mediatica in attesa di giudizio anche un filo di gusto al plotone d'esecuzione dei sedicenti antifascisti. Si tratta di un ragazzo di vent'anni, che si professa innocente e contro cui c'è la denuncia di una ex compagna di scuola che quaranta giorni prima si era svegliata senza ricordare nulla nel letto del giovane. È lui ad averle detto che avevano avuto un rapporto sessuale. La vicenda è tutta da chiarire, ma il verdetto della stampa alla quale sta sulle scatole Giorgia Meloni è già scritto, così come quello dei partiti all'opposizione. Non c'è neppure bisogno di processo, che infatti non si farà mai perché il pubblico ministero chiede l'archiviazione e il giudice accoglie la domanda.
Una vicenda senza colpevoli, quindi? No. Inutile attaccare la giovane, alla quale i magistrati che l'hanno ascoltata non hanno creduto, mentre i giornalisti ei politici che non l'hanno neppure incrociata pendevano dalle sue labbra. I colpevoli ci sono, e al solito non pagheranno. Sono quelli che hanno dipinto un innocente come un mostro e quindi, alla fine, hanno rivelato di essere loro i veri mostri. Sono passati più di 2 anni dal linciaggio pubblico di Leonardo Apache, colpevole di cognome e anche di nome, perché per le femministe, i progressisti, i democratici, i manettari, anche i figli dei fratelli d'Italia devono stare nelle riserve. Sono gente di serie B, che si può maltrattare impunemente, come i pellerossa americani.
In questi due anni di giustizia sospesa, che per un innocente è sempre giustizia negata, ho incrociato più di una volta il condannato a mezzo stampa. Naturalmente l'accusa infondata è la prima cosa che mi veniva in mente ogni volta, pur essendo io pregiudizialmente sicuro della sua innocenza. Ci vogliono le spalle larghe per convivere con il processo di mostrificazione prima che quello in aula sia partito. Leonardo ha passato questo tempo per lo più in Gran Bretagna, a studiare, certo anche per levarsi di torno, trasformando una disgrazia in un'opportunità. Ma non tutte le persone hanno questa forza e una rete di affetti di sostegno su cui contare come ha lui. I giornali anti-governativi hanno dato il peggio con questo ragazzo, che per gioco, quando era ancora più giovane aveva registrato un video trap con testi tipici di questa musica che va di moda nella cosiddetta generazione zeta. “Sono tutto matto, sono tutto fatto ma ti foto puro senza storie...”; d'accordo, non è Giacomo Leopardi, ma queste frasi erano state riportate come prova di colpevolezza, con l'indice puntato.
Il padre, all'indomani della denuncia, aveva detto di credere al figlio che protestava la propria innocenza. Per questo, La Russa senior è stato attaccato da Elly Schlein, che lo ha accusato di fare vittimizzazione secondaria, ovverosia di colpevolizzare la ragazza. I giornalisti gli chiedevano i commenti, lui rispondeva dicendo di fidarsi di Leonardo e per questo venne messo alla gogna anche lui. “Doveva tacere” era il ritornello di chi non faceva che porgli domande. Certo, non bastava un La Russa da crocifiggere mediaticamente; ne servivano dovuto. E poi vai, con la storia che il ragazzo avrebbe messo la droga dello stupro nel cocktail dell'amica incontrata in discoteca, per poterne poi abusare. Nessuna prova contro di lui, nessun test tossicologico a conferma, nessuna traccia della sostanza sul giovane. E però com'è bello scrivere accusare a nastro contro la progenie del nemico. Questo sì che è giornalismo, questo sì che è essere dalla parte delle donne, questo sì che è democrazia, questo sì che è ricerca della giustizia.
Si è letto perfino che il padre, avendo detto di aver trovato i ragazzi a letto insieme, sarebbe diventato un perfetto testimone d'accusa del figlio, che sarebbe stato talmente tonto da incastrarsi da solo. Era due anni fa, quando il mondo progressista era ancora sotto choc per l'insediamento, solo nove mesi prima, del governo di destra e pensava di poterlo far cadere a colpi di scandali e anche di balle. I primi si sono sgonfiati, le seconde si sono rivelate tali, ma ancora l'atteggiamento dei supremi custodi della democrazia non è cambiato.
Per sconfiggere il mostro che ti terrorizza, devi essere peggio di lui; e se sbagli, non chiedere mai scusa. Se poi qualcuno ti chiede conto degli errori, aggrediscilo; un po' come il garante della privacy, aggredito per aver comminato una multa al giornalista Sigfrido Ranucci per aver mandato in prima serata una telefonata personale e dolorosa di una sua collega Rai con il marito, l'allora ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che era il mostro del momento. Poi è risultato vittima anche lui e la donna che parte della sinistra ha eletto per qualche settimana a propria eroina è ora indagata, fra le altre cose, per stalking aggravato, diffamazione e lesioni. Ma i mostri restano li accusati ingiustamente, non gli accusatori ingiusti, tantomeno i loro trombettieri.