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Papa Francesco in pericolo, complotto in Vaticano: il libro che svela i rischi che corre il Pontefice

Davide Locano
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Di questi tempi girano molte voci sul Santo Padre, compresa la critica di essere troppo vicino a posizioni marxiste. In realtà, chi conosce minimamente le vicende storiche della sua esistenza è costretto a ricredersi. Su Bergoglio se ne sono dette tante, eppure c' è un punto fondamentale che coglie lo scrittore e giornalista Stefano Filippi nella sua nuova pubblicazione Complotto in Vaticano (Edizioni de Il Giornale). Il Papa è in pericolo. Ma da chi e da che cosa dovrebbe difendersi? Secondo Filippi, questo pontefice si è fatto diversi amici, ma soprattutto nemici. La minaccia, che riguarderebbe un possibile impeachment, viene da dentro, dalle segrete stanze del Vaticano. Il pontefice, infatti, ha idee un po' diverse rispetto a molti suoi predecessori. Da quando ha messo piede nei palazzi imporporati del potere (nel 2013), non è mai stato fermo. Ha avviato un importante programma di riforma della curia e ha voluto regolare i conti dello Ior, la Banca vaticana. Ha istituito commissioni speciali di viglilanza per il coordinamento delle risorse, tirando le orecchie a speculatori e raggiratori. Leggi anche: "Palpate in pubblico": nuova bomba gay in Vaticano Fino all'altro giorno, la Chiesa romana (e non solo) sembrava un bordello, nonostante gli sforzi incessanti di riverniciarne l' immagine. In ciò si sono impegnati autorevoli pontefici. Tra gli ultimi, Benedetto XVI. Rieccoci ora al punto di partenza. Ogni tot, le istituzioni ecclesiastiche restano impantanate, devastate dai problemi morali, dalla corruzione, dagli scandali finanziari. Intanto il gregge delle pecorelle è sempre più smarrito, disgustato. Non molti secoli or sono sembrava che la soluzione a tanta tracotanza e mondanità fosse un ritorno sincero sul cammino delle origini. Ma come sempre capita in tempi grami, quando il futuro non promette bene, si guarda all' età dell' oro. PIETRO DA MORRONE E così, intorno al XIII secolo sono sorti i primi ordini mendicanti di rilievo dopo l' esperienza già avviata nei monasteri di Cluny, in Francia. Papa Francesco prova a rivivere quella atmosfera che ci riporta ad un anno, il 1294, e a un uomo, Pietro da Morrone, passato alla storia con il nome di Celestino V. Di lui parla Dante nella sua Commedia. Senza sconti. A guardare bene questo cavernicolo, figlio di modesti contadini, si riconoscono molte somiglianze con il buon Francesco. Bergoglio è tutto meno che un uomo delle caverne o un eremita, ma assieme a Celestino ha parecchio da spartire. Innanzitutto la vocazione ad una vita semplice, l' ammirazione per un cristianesimo primitivo, improntato sul modello del poverello d'Assisi. Prima che fondasse l' ordine dei Celestini, il nostro Pietro era un perfetto signor nessuno. Un bravo ragazzo, sebbene piuttosto strano. Anziché pensare alle donzelle, costui entrò per un breve periodo nell' ordine dei benedettini. Poi, nel 1239 si ritirò in una grotta sopra Sulmona e si trasferì nella capitale della cristianità solamente l' anno seguente per perfezionare i suoi studi. Nel giro di poco si ritirò tra i suoi monti vivendo in uno stato di completa astinenza e povertà. Cardinaloni e cattolici al caviale snobbavano il povero asceta. Non gli volevano male. In fondo non aveva ancora incominciato a rompere le scatole. Le cose cambiarono negli anni Settanta del XIII secolo, quando il nostro Morrone fu costretto a correre in Francia per scongiurare il Concilio di non sciogliere la sua congregazione. CONTROCORRENTE A quei tempi, Celestino era un' anomalia di sistema. Almeno così la dovevano pensare nelle segrete stanze. L' ideale ascetico era avversato negli ambienti lussuosi della Roma bene. Rinunciare a banchetti, festini e donne non poteva certo andar giù a certi gagà. E infatti a Roma Pietro non avrebbe messo piede nemmeno da pontefice, nemmeno nelle vesti di Celestino V. Fu il primo a farsi incoronare capo della Chiesa lontano dai vizi capitolini. Dopo l' elezione, fortemente voluta dal re di Napoli, si stanziò a L' Aquila, dove rimase a lungo lontano dalle seccature. Agì da riformatore, incontrando il dissenso di molti. Non era apprezzato nei luoghi signorili, eppure di uno come Celestino avevano bisogno anche in Vaticano. Cinque anni fa, la corte papale ha scelto Francesco perché serviva una svolta nelle istituzioni. Questo cambiamento, tuttavia, non avrebbe dovuto dimostrarsi troppo radicale. Bergoglio proviene dai Gesuiti, non dai francescani o benedettini, eppure sono in molti a temere le sue idee e azioni. Se il suo arrivo è stato salutato con gioia, è perché si sperava procurasse una svolta formale, non sostanziale. Da ciò deriva la paura di un impeachment dietro l'angolo. Al contrario di Celestino, Francesco è molto abile. A uno come Celestino potevi anche fargliela sotto il naso. A Bergoglio, no. Perciò qualcuno sta tentando l' arma del discredito e della diffamazione. Con l' accusa di essere «ignaro di latino, digiuno di scienze teologiche e giuridiche, privo di esperienza politica e diplomatica» si spera di metterlo fuori gioco. Così è stato fatto con Pietro da Morrone, rinchiuso nella rocca di Fumone da papa Bonifacio VIII, il re dei presuntuosi e dei faziosi. Francesco, tieni duro e mola minga. di Alessandro Cantoni

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