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Altroché maturità sovranista, il ministro leghista Bussetti sceglie due tracce anti-Salvini

di Cristina Agostini domenica 23 giugno 2019

3' di lettura

Com’era la storia per cui questa maturità sarebbe stata salviniana, sovranista, con tracce contro l’immigrazione e anti-Ue e piene zeppe di intellettuali di destra? Macché, a guardare i temi assegnati nella prima prova, ti rendi conto di quanto sia stato tollerante, di larghe vedute, perfino politicamente corretto, il ministro dell’Istruzione Bussetti lasciando campo libero ad autori e temi ostili alla retorica leghista. Forse dietro c’era un’intenzione deliberata di mostrarsi inclusivi, di certo la prima vera maturità “populista” smonta le tesi di chi temeva un indottrinamento culturale nell’esame di Stato. Fatta eccezione per i morti (da Ungaretti a Sciascia a Bartali) che, per ovvie ragioni, non hanno potuto lasciare traccia di dichiarazioni anti-Salvini, i vivi coinvolti nei temi da sempre manifestano posizioni critiche verso il ministro dell’Interno. Il critico d’arte Tomaso Montanari, protagonista di una traccia, è un intellettuale di sinistra, fiero avversario del leghismo. Proprio ieri l’ultima querelle col ministro Salvini che gli ha chiesto di lasciare ogni incarico pubblico per gli attacchi a Zeffirelli e Fallaci. Lo scorso anno lo stesso Montanari firmava la prefazione al libro di Antonello Caporale, Matteo Salvini. Il ministro della paura (Paper First), in cui dava del razzista e del fascista al titolare del Viminale. «Salvini ha una, sia pur rozza, ideologia. È l’ideologia di un esplicito razzismo, e di un nuovo fascismo», scriveva. E quindi spiegava che «in questa sospensione della democrazia la propaganda razzista di Salvini prospera e macina consenso». Fino a definire l’arrivo di «Salvini all’Interno un incubo». Leggi anche: Maturità, tutte le tracce per ogni indirizzo di studi. Fisica debutta allo scritto E che dire dello scrittore Corrado Stajano, anche lui oggetto di una tema di maturità. È lo stesso autore che due mesi fa, in una recensione sul Corriere della Sera, s’indignava per la riabilitazione di Mussolini consentita a suo dire da questo governo. «Adesso», scriveva, «a causa degli anniversari - il 1919, la fondazione dei Fasci di combattimento - e di un clima politico benevolo verso quel passato creato da Salvini, dalla sua Lega e da un governo autoritario e xenofobo, il concetto di Mussolini, il dittatore buono del Novecento, viene riproposto con tutta la sua falsità». Anche guardando nel cuore delle tracce, affioravano attacchi alle politiche nazionaliste e anti-migranti. Il testo di Stajano, pur del 1996, sembrava riferirsi all’attualità quando parlava dei pericoli di «nazionalismi e localismi», e di «ferocie razzistiche» connessi a «ondate migratorie». Perfino nella traccia su Bartali, Giusto tra le nazioni per aver salvato centinaia di ebrei, si sottolineava (incomprensibilmente) il rischio di trasformare eroi sportivi in paladini del patriottismo nazionalista. «Molti regimi autoritari», si leggeva, «hanno cercato di strumentalizzare le epiche imprese dei campioni per stimolare non solo il senso della patria, ma anche i nazionalismi». L’aspetto curioso è che mentre Bussetti accoglieva autori ostili al suo partito, la stessa cosa a rovescio sarebbe stata impossibile. Negli anni del Miur guidato dalla Giannini o dalla Fedeli fioccavano tracce sulla bontà dell’immigrazione e la bellezza della Resistenza e nessuno si sarebbe mai sognato di inserire scritti di intellettuali di destra, magari critici verso Renzi o la Boldrini. Anche in questo la Lega ha superato il suo esame di maturità… di Gianluca Veneziani

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