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Migranti, Matteo Salvini taglia i fondi per l'accoglienza. La "sinistra umana": niente soldi, le coop mollano

di Giulio Bucchi domenica 14 aprile 2019

3' di lettura

L' Italia esce da una bizzarra epoca nella quale chi sfruttava la presenza di immigrati per far soldi era considerato un filantropo. Poi sono cambiate due cose. I profughi hanno smesso di sbarcare e il Viminale ha tagliato i fondi a chi dava loro un letto: da 35 euro al giorno a 21. Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti: quella ricca rete di presunti benefattori sta sparendo. E quelle stesse persone che scendevano in piazza per chiedere "porti aperti" non trova più così interessante lavorare per gli africani. Preferivano essere altruisti quando la cosa prevedeva una rendita. Per anni abbiamo scritto di Onlus che gonfiavano i fatturati con sistemi curiosi. A Milano, per esempio, c' era chi spediva i propri addetti a intercettare i clandestini in stazione per convincerli a passare una notte in un dormitorio. I poveracci arruolati sulle banchine non volevano rimanere in Italia: la gran parte sognava di vivere a nord delle alpi ed era in Lombardia di passaggio. Alcune associazioni, però, riuscivano a incassare facendo dormire i migranti da loro almeno per una serata. Come un hotel. Ora, però, sta crollando tutto. Leggi anche: "Ho ospitato in casa 6 migranti, e ora...". Pd, il candidato scaccia-voti che sfida Salvini A Monza il centro Spallanzani ha appena chiuso per mancanza di rifugiati. Poi c' è il caso di Esino Lario, il Comune del Lecchese balzato nei giorni scorsi agli onori delle cronache per aver deciso di mettere in vendita tutte le pubbliche proprietà. Era una delle capitali italiane dell' accoglienza e la cosa rendeva bene. Oggi sta cercando di attrezzarsi con altri espedienti. Un servizio del QN ieri raccontava della situazione in tante altre regioni, dove i bandi per aggiudicarsi gli appalti per l' accoglienza vanno costantemente deserti. In Toscana le cooperative chiedono di rinviare le gare. A Milano e Udine c' è chi si è appellato al Tar sperando di ottenere contratti più vantaggiosi. Infine ci sono tutte le realtà smantellate dai magistrati. È il caso di Riace, città di uno dei più celebrati eroi delle organizzazioni non governative, il sindaco Mimmo Lucano. Il sistema nato nel piccolo Comune calabrese sta crollando sotto la scure dei magistrati. Troppe irregolarità, dice la Procura, troppi quattrini mal spesi. La scorsa settimana ci avevano raccontato che il primo cittadino era già stato "riabilitato" dalla Cassazione, la quale aveva di fatto già smontato le tesi dei pm. Forse gli amici del buon Mimmo avevano voluto leggere in quelle carte ciò che in effetti non c' era. I giudici non avevano "riabilitato" nessuno, semplicemente avevano cancellato una delle misure cautelari previste dagli inquirenti in attesa del primo grado del processo. L' iter, tuttavia, è tranquillamente andato avanti e Lucano ieri è stato rinviato a giudizio con accuse pesantissime. Con anche la sua compagna Tesfahun Lemlem, e altre 29 persone. I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, truffa con corrispondente danno patrimoniale per lo Stato per oltre 350.000 euro, abuso d' ufficio ottenendo un ingiusto vantaggio patrimoniale per oltre 2.000.000 di euro, peculato distraendo fondi pubblici per oltre 2.400.000 euro, concussione, frode in pubbliche forniture, falso e favoreggiamento dell' immigrazione clandestina. Per i "buoni", insomma, la situazione resta complicata. di Lorenzo Mottola

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