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Silvia Romano rapita per riscatto: l'Italia non ne sapeva nulla? L'ultimo mistero sul caso

di Caterina Spinelli domenica 11 agosto 2019

2' di lettura

La polizia di Malindi è stata chiara su quanto accaduto a Silvia Romano. Gli imputati, Abdulla Gabara Wario e Moses Luwali Chembe, avrebbero rapito la giovane volontaria italiana per ridurla in schiavitù e costringere l'ambasciata italiana a pagare un riscatto come condizione per il suo rilascio. Accuse queste, che se veritiere, porterebbero i due a pagare la pena massima: l'ergastolo. Intanto però gli inquirenti criticano le autorità italiane: "Qui nessuno si è fatto vivo. Né diplomatici, né i carabinieri (del Ros, incaricati delle indagini, che si sono fermati a Nairobi, ndr) né tanto meno le antenne dei servizi di intelligence - spiega un ispettore della polizia al Fatto Quotidiano -. Qualcuno è arrivato subito dopo il rapimento di Silvia avvenuto il 20 novembre. Poi più niente".  Leggi anche: "Silvia Romano viva fino a Natale, poi..." la terribile testimonianza: cosa è davvero accaduto Alla cancelleria del tribunale rincarano la dose: "Visto che il processo è cominciato, i documenti sono pubblici, ma finora nessuno è venuto a prenderne visione". Dichiarazioni che vanno ad aggiungersi alla lista di misteri sul caso. Infatti ancora ci si chiede come mai gli imputati vengano processati, nonostante all'Italia il riscatto non sia mai giunto. Da quanto emerso qualche giorno fa Silvia aveva depositato la denuncia nei confronti di un pastore anglicano accusandolo di molestie verso alcune bambine. La ragazza - come conferma un messaggio vocale inviato all'amica - aveva ricevuto assicurazioni che il pastore sarebbe stato arrestato il giorno successivo. Ma negli archivi della polizia di Malindi di quella denuncia non è stata trovata traccia. Un errore? Mariam, l'investigatrice che si era occupata della vicenda, ha confermato il colloquio con Silvia, ma ha spiegato di aver raccolto la sua denuncia sul suo block notes personale e non averla poi trasferita sul faldone ufficiale: "Silvia non ha potuto fare i nomi delle bambine e neppure quello del sacerdote, individuato solo più tardi. La sua storia non aveva i dettagli necessari per poterla indagare. Quindi non l'abbiamo riportata". Una giustificazione che fa sorgere parecchi dubbi e che infittisce una scomparsa ancora inspiegabile. 

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