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Yara, la vita di Massimo Bossetti in carcere tra tv, Vangelo e interrogatori: "Fatemi pure tutte le domande che volete"

di Giulio Bucchi domenica 10 agosto 2014

2' di lettura

La vita di Massimo Giuseppe Bossetti in galera da 55 giorni scorre così, in isolamento: le foto della moglie e dei figli, le immagini della Madonna e di Papa Giovanni attaccate al muro della cella, le preghiere quotidiane, alla mattina e alla sera, con il cappellano del carcere. E gli interrogatori in quella stanzetta di pochi metri quadrati, un letto un tavolino e la tv. E sempre le stesse risposte: "Fatemi pure tutte le domande che volete". Quello che secondo gli inquirenti è il presunto assassino della 13enne Yara Gambirasio non cambia versioni, si dimostra tranquillo, va avanti convinto che alla fine la verità verrà a galla. E lui sarà scagionato. La domanda senza risposta - Il Corriere della Sera ricostruisce la vita quotidiana dell'operaio di Brembate, arrestato quasi due mesi fa. L'unica domanda a cui non riesce a dare risposta è quella cruciale: perché c'è il suo Dna sugli slip e i leggins di Yara? Ma al Gip e ai magistrati non basta per incastrarlo. E per questo scandagliano ogni piega della sua vita privata: amori, litigi, segreti, tradimenti, sesso. Finora, in cinque interrogatori, non è emerso nulla che possa aggravare la sua posizione. E la sua condotta è quella dell'uomo normale, il tipico bergamasco: dedito al lavoro, silenzioso, riservato, "restio ad esprimere emozioni", come lo ha definitola sua legale Silvia Gazzetti. Le preghiere e gli insulti - L'unica frequentazione davvero quotidiana è quella con don Fausto Resmini, cappellano del carcere da 22 anni, con cui Bossetti prega: quando entra in cella, spegne la tv o smette di leggere i giornali e inizia a recitare preghiere e leggere il Vangelo. "I nostri incontri servono anche ad evitare che cada in depressione. Inoltre c’è un aspetto più prettamente umano e religioso che lui stesso chiede", spiega don Fausto al Corriere. Anche nell'ora d'aria, l'unico sospettato per l'omicidio di Yara resta solo, per evitare le minacce e gli insulti degli altri detenuti. 

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