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Pier Silvio e Confalonieri assolti: la prova che Silvio Berlusconi era innocente

di Andrea Tempestini domenica 13 luglio 2014

4' di lettura

Due processi. Quasi due processi uguali. Nel mirino sempre Mediaset, o meglio la famiglia Berlusconi. Nel processo principale, Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni di detenzione per frode fiscale: ci si riferisce alla celeberrima sentenza del 1° agosto 2013 della sezione feriale della Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Esposito, la toga che anticipò le motivazioni della condanna in una contestatissima intervista a Il Mattino. Nel secondo processo, Mediatrade, nato come una costola del primo - e la notizia è freschissima, di pochi minuti fa - l'imputato Pier Silvio Berlusconi è stato assolto dall'accusa di frode fiscale, così come è stato in parte assolto - ed in parte prescirtto - Fedele Confalonieri. La giustizia, dunque, dà ragione al vicepresidente del Biscione, Pier Silvio, e al presidente, Fedele. L'unico condannato resta il padre, Silvio Berlusconi, che per la giustizia, dunque, è l'unico ad avere evaso. I due casi -Pier Silvio e Fedele sono stati assolti perché "il fatto non costituisce reato". Come detto, le toghe si sono pronunciate su una presunta frode fiscale relativa al consolidato del gruppo, una vicenda che aveva al centro Frank Agrama, il produttore cinematografico statunitense. Secondo l'accusa le aziende di Silvio Berlusconi avrebbero operato irregolarmente nella compravendita di diritti televisivi e cinematografici, acquistandoli a prezzi più alti rispetto a quelli del valore di mercato per ottenere risparmi fiscali e per la creazione di fondi neri. E' curioso notare come nel processo Mediaset costato la condanna al Cavaliere, nato dal caso All Ibernian, l'accusa era proprio quella di aver fatto "la cresta" sulla compravendita dei diritti dei film made in Usa. Secondo l'accusa, in soldoni, Mediaset non li comprava direttamente, ma da società offshore, che a loro volta li cedevano ad altre società gemelle, facendo così lievitare il prezzo ad ogni passaggio: la differenza tra il valore reale e quello finale, per l'accusa, consentiva così di mettere da parte dei fondi neri. Per le toghe l'ex premier avrebbe questi fondi, senza pagare le tasse e frodando gli azionisti del Biscione. Contesti simili - Insomma, due quadri accusatori molto simili, quasi gemelli, quelli del processo Mediaset e di quello Mediatrade. Un processo però si è concluso con una condanna e l'altro, oggi, è arrivato ad una assoluzione. A rendere ancor più sospetto il quadro c'è il fatto che Silvio Berlusconi, già nel 1993, aveva lasciato tutte le cariche sociali in Mediaset. Il passo indietro fu uno dei punti su cui più la difesa aveva insistito per ottenere l'assoluzione del Cav: come poteva architettare e gestire la frode fiscale - questa la linea - se impegnato in politica e lontano dal gruppo? Per i giudici, però, non c'è mai stato alcun dubbio: l'oggi leader di Forza Italia avrebbe continuato ad occuparsi delle società tramite prestanome. In un contesto molto simile, però, non arrivano le condanne per Pier Silvio e Confalonieri, che invece - vice e presidente - in Mediaset ricoprono incarichi apicali. Non a caso, dopo la pronuncia odierna del tribunale di Milano, Niccolò Ghedini, legale del figlio del Cav, ha commentato: "Siamo soddisfatti, è una sentenza importante che riconosce la linea da noi sempre sostenuta. Ma, anche se si tratta di due processi diversi, anche Silvio Berlusconi andava assolto nel processo Mediaset. Per questo - ha ribadito - abbiamo presentato ricorso alla Corte di Giustizia europea". Una storia italiana - La storia del "ricorso continentale" presentato dall'ex premier che si è sempre detto innocente è ancora tutta da scrivere. La storia che invece è già stata scritta è quella di Berlusconi stesso, una storia personale che dopo la condanna di un anno fa ha conosciuto i corsi più difficili. Dopo la condanna, il 4 ottobre 2014 l'ok della commissione alla decadenza del Cav da senatore in base alla legge Severino: la "cacciata" da Palazzo Madama verrà poi ratificata dal Senato il 27 novembre. Poi, il 4 ottobre, la condanna della Corte d'Appello di Milano alla pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici per due anni, decisione confermata a marzo 2014 dalla Cassazione. Quindi le pagine più recenti della vicenda, con l'affidamento ai servizi sociali. Il sospetto, dunque, è che a pagare sia soltanto il Cavaliere: non perché stia pagando "per tutti", il dubbio è che stia pagando soltanto perché qualcuno voleva che pagasse. Soltanto perché qualcuno voleva ridimensionare il suo potere politico per via giudiziaria, poiché con il voto l'impresa non era mai riuscita. Un sospetto che viene indirettamente confermato anche da quanto affermato dall'accusa nella requisitoria finale del processo Medaiset, in cui proprio il Cavaliere veniva indicato come "organizzatore" del "grande disegno di frode" fiscale. Putacaso, le stesse motivazioni con cui Berlusconi è stato condannato da mister Esposito. Le stesse motivazioni con cui sono riusciti - forse - a farlo fuori.

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